Monti in Giappone un anno dopo Fukushima
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Monti in Giappone un anno dopo Fukushima

Il disastro nucleare ha cambiato il Giappone così come la crisi economica. Ora il Paese ha un debito pubblico superiore a quello italiano. Le sfide di un summit.

Monti in Giappone un anno dopo Fukushima
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2 Marzo 2012 - 10.11


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di Roberto Maggi

Il presidente del consiglio Mario Monti farà una visita ufficiale in Giappone questo mese, un anno dopo il terrificante sisma-tsunami dell’11 marzo 2011 e il conseguente disastro nucleare di Fukushima. E’ un evento su cui val la pena riflettere. In quel giorno nessuno avrebbe potuto immaginare quel che sarebbe accaduto in seguito nel mondo, e in particolare in Europa e in Giappone.
Sorprese quasi tutti che la seconda, ora terza potenza economica del mondo e paese da sempre additato ad esempio di virtuosa organizzazione sociale e industriale, dovesse vedere in un istante il collasso pressoché totale dei sistemi di sicurezza della centrale nucleare di Fukushima e per almeno due-tre settimane sperimentare sulla sua pelle innumerevoli episodi di impotenza, incompetenza e opacità fino alla menzogna della società di gestione della centrale, la Tokyo Electric Company, della burocrazia, delle autorità di governo e degli esperti ufficiali legati all’industria nucleare.

Constatazioni ancora più imbarazzanti se raffrontate con l’ammirevole e incredibile dignità, forza d’animo e capacità di reazione della popolazione giapponese colpita dalle devastazioni dello tsunami e del nemico invisibile della radioattività.
Allo stesso modo in pochi allora si insinuò il tarlo del dubbio che la crisi ormai di lunga data del debito sovrano in paesi europei come la Grecia e l’Irlanda potesse tramutarsi, a partire dall’estate, in una bufera di inusitata violenza per Spagna e Italia prima e poi per l’ Ue intera e la credibilità stessa dell’euro.

I disastri il segno l’hanno lasciato. A distanza di un anno il Giappone e l’Italia sono profondamente mutati e nuove sono le facce alla guida dei due paesi: in Italia Monti ha eclissato l’apparentemente eterno Silvio Berlusconi in un quadro politico fortemente ridisegnato, e in Giappone Naoto Kan del partito democratico, finito sotto accusa per la sua ondivaga e incerta gestione della terribile emergenza del sisma-tsunami e della catastrofe nucleare, ha dovuto cedere il passo al suo ministro delle finanze Yoshihiko Noda.

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Con le facce nuove sono arrivati segnali di vita nuova. E l’annuncio della visita di Monti in Giappone è arrivato non a caso pochi giorni fa, il 29 febbraio, in un’atmosfera inusuale per comunicazioni del genere: una conferenza tenuta a Roma a Villa Madama e organizzata congiuntamente dall’Ambasciata giapponese in Italia e dall’Osservatorio Asia, in cooperazione con il ministero degli esteri italiano, con un titolo significativo: “Il Giappone un anno dopo il disastro: dignità, ricostruzione, futuro e conoscenza”. “Sono lieto e grato all’Italia di poter rendere noto che Monti visiterà il mio paese presto, in marzo” ha detto in apertura l’ambasciatore del Giappone Masaharu Kohno.
E’ stata una conferenza molto affollata e di grande interesse, con relatori di alto profilo come l’ex presidente del consiglio italiano Romano Prodi, il docente di economia dell’Università di Tokyo Takatoshi Ito e il docente dell’Università l’Orientale di Napoli Franco Mazzei.

Dalla conferenza è emerso che Noda e Monti avranno parecchio di cui discutere nei loro colloqui. Innanzitutto dell’enorme ondata di simpatia e solidarietà verso la popolazione giapponese che il disastro dell’11 marzo 2001 ha provocato in Italia: offerte di fondi che continuano ad affluire da ogni parte d’Italia, eventi culturali e giornate di solidarietà organizzate da varie università, mobilitazione di organizzazioni di volontariato per l’assistenza ai familiari degli oltre 19.000 tra morti e dispersi, in particolari per i bimbi orfani di uno o entrambi i genitori. “Una simpatia, una solidarietà del tutto spontanea e generalizzata che testimonia sia l’amore e il rispetto presenti in Italia per il Giappone e la sua cultura, sia la consapevolezza dell’importanza che questo paese riveste per il mondo intero”, ha fatto notare il prof. Mazzei. Illuminante l’intervento del prof. Ito sulla crisi del debito sovrano in Italia e in Europa e sui suoi risvolti per il Giappone.

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La crisi ha colpito duramente anche l’Italia, ha spiegato, non tanto perché i dati fondamentali dell’economia siano davvero negativi ma perché il debito italiano è, in parte rilevante, in mano a investitori stranieri e questo rende vulnerabile il paese davanti alla volatilita’ dei mercati e lo espone al contagio di economie ad alto rischio di default come quelle della Grecia e del Portogallo. L’Italia, comunque, è troppo grande e forte, ha precisato, per rischiare di fare la fine della Grecia e politiche corrette come le attuali possono portare il paese fuori dalla crisi.

Chi rischia paradossalmente di più, ha rilevato, é proprio il Giappone, paese che per una serie di errori ha visto aumentare a dismisura negli ultimi 10-15 anni il suo debito pubblico, ora molto al disopra dell’Italia per il suo rapporto con il Pil. Finora il Giappone è stato al riparo degli attacchi dei mercati, grazie al fatto che il suo debito é pressoché interamente in mano a investitori nazionali. Ora però la situazione é insostenibile. E’ anomalo infatti che gli asset delle banche nipponiche siano costituiti quasi tutti da Bot ed è assurdo che oltre il 50% della spesa pubblica venga finanziato con nuovi buoni del Tesoro.

Per fortuna il Giappone ha ancora un’Iva molto bassa, del 5%, contrariamente all’oltre 20% dell’Iva in Europa. Esiste quindi spazio per una riduzione del debito con l’aumento dell’imposizione indiretta. Ma occorre, questa la sua conclusione, seguire l’esempio dei paesi Ue con riforme incisive del sistema pensionistico e del welfare in generale, dal momento che l’invecchiamento della popolazione e il calo drastico della natalità stanno portando il sistema al collasso.

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Da Prodi considerazioni preoccupate e insieme improntate a grande attenzione per la complessità della crisi nucleare giapponese. Non é facile – ha osservato – agire in una situazione in cui solo due reattori nucleari, dei 54 esistenti, sono rimasti in funzione. L’attività economica deve andare comunque avanti, per le fonti energetiche verdi e rinnovabili occorrono tempo e cospicui investimenti, per far fronte all’emergenza bisogna incrementare nel breve e medio termine le importazioni dell’estero di greggio e gas naturale e ciò ha costi molto alti. La vera questione, comunque, rimane quella strategica a lungo termine: si tratta di decidere se abbandonare l’opzione nucleare, finora perseguita con grande determinazione, oppure continuare su quella strada, con tutti i rischi che ne derivano in termini di sicurezza e di consenso della popolazione.

Ma considerazioni anche geopolitiche di vasto respiro. “La Cina e l’Asia in generale sono la nuova frontiera della scena politica ed economica mondiale. Il Giappone, da paese occidentale che si é finora considerato e ed é finora stato, ridiventa inevitabilmente un paese asiatico, strettamente correlato con la Cina. E’ una nuova sfida e una situazione dalle conseguenze devastanti. Questo vale anche per l’Europa e per gli stessi Stati Uniti, che non sono più la potenza egemone come in passato”.

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