Il modello Cl è naufragato. Vedi il caso Formigoni
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Il modello Cl è naufragato. Vedi il caso Formigoni

Con il mantra della sussidiarietà Cl ha cercato di cambiare lo stato sociale italiano. E' stato un fallimento ideologico e politico prima ancora che giudiziario.

Il modello Cl è naufragato. Vedi il caso Formigoni
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24 Aprile 2012 - 16.35


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di Francesco Peloso

La proprietà è un furto, teorizzava provocatoriamente il socialista-anarchico Pierre Joseph Proudhon a metà dell’800. E, la storia recente, con un po’ d’ironia, racconta di come, nel corso degli splendenti anni ’80, la coppia Craxi-Martelli adottò il pensatore francese quale riferimento “originale” del socialismo italiano. Si trattava, naturalmente, di un’operazione di puro maquillage ideologico (il socialismo italiano aveva padri e madri meno approssimativi di Proudhon), volta a tracciare una differenza d’immagine prima ancora che culturale, dall’impostazione giudicata un po’ grigia, un po’ troppo seria, dei comunisti italiani. Ma poi, casi del destino, quell’affermazione è diventata un modo d’essere e di governare per il gruppo dirigente del Psi, in particolare in quella Lombardia considerata la culla del craxismo. Dunque sì, per un certo numero di dirigenti socialisti, la proprietà fu davvero un furto. Poi arrivò il berlusconismo insieme al leghismo, infine fu la volta del formigonismo. Per fortuna la seria è stata, almeno momentaneamente, interrotta dall’elezione a sindaco di Milano di Giuliano Pisapaia.

Vent’anni di governo

In vent’anni di governo lombardo, quest’altra versione della falsa modernizzazione italiana, interpretata da Roberto Formigoni, ha costruito il suo sistema di consenso e di potere divorandosi le risorse pubbliche e trasferendone una parte immensa alla sanità privata. Di come questo è avvenuto sono piene le cronache giudiziarie di questi giorni: centinaia di milioni di euro sono affluiti nelle casse di alcuni gruppi privati che hanno depredato i bilanci della regione per costruire un regno di potere, sottogoverno, clientele, favori. I nomi sono quelli noti: il San Raffaele, la Fondazione Maugeri, la clinica Santa Rita e numerosissime altre.

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Il ruolo di Comunione e liberazione

Il collante ideologico di questa straordinaria operazione di destrutturazione dello stato sociale – che, in breve, in tal modo da pubblico diventa privato – è venuto dagli uomini e dalle idee di Comunione e liberazione. Di Cl è storicamente Formigoni, di Cl gli assessori come Antonio Simone finito in carcere, di area ciellina, ancora, moltissime strutture sanitarie e di servizio. Alla base di tutto c’è una parola: sussidiarietà. Ovvero la società civile che, attraverso le proprie iniziative imprenditoriali, magari con vocazione sociale (sic!), fornisce prestazioni e servizi al posto di quelle statali utilizzando però il finanziamento pubblico. Insomma lo Stato non eroga più direttamente il servizio, ma finanzia chi nella società si offre di farlo dando certe garanzie. Ma perché seguire una simile strada? La risposta che ci è stata data negli ultimi decenni è semplice: si tratta di un sistema più efficiente, capace di guardare alla persona, l’interesse sociale è anzi più tutelato. Già. Dell’efficienza si può giudicare dalle inchieste della magistratura su fondi neri, false consulenze, sulle centinaia di milioni spariti nel nulla e, infine, dalla comparsa di una figura ricorrente nella della recente storia italiana repubblicana: quella del faccendiere. In questo caso Pierangelo Daccò. “Faccendiere”, appunto. Ma che significa? Che gestisce in modo losco ricchezze altrui, s’impadronisce illecitamente di beni e denaro e garantisce gli affari illegali di gruppi imprenditoriali. Per non parlare dei legami con la politica. E’ stata Carla Vites, la moglie di Antonio Simone, a gettare un po’ di luce su questo mondo con una lettera pubblica in cui contestava a Formigoni il suo superficiale scaricare responsabilità. E’ l’autobiografia non autorizzata nella quale si narra di come si è passati dalla militanza comune in Cl a una storia di vacanze da ricconi sfondati, un po’ parvenu volgari, nelle ville della Costa Semeralda a spese di Daccò e soci. E Formigoni, non a caso, le risponde attraverso Tempi, rivista ciellina doc.

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La Chiesa integralista

Cl è stata, in questi decenni, ossatura non solo del potere politico berlusconiano, ma anche punto di riferimento di un episcopato – che nei suoi vertici e nel pensiero dominante – ha visto nell’organizzazione fondata da don Giussani la chiave identitaria conservatrice e a tratti fondamentalista, sui cui collocare la Chiesa italiana. Solo così si spiega l’ipocrisia delle cliniche e degli ospedali lombardi dove non si pratica più un aborto – venendo meno al rispetto di una legge dello Stato – per un’ortodossia clericale che diventa imprescindibile nelle carriere del personale medico regionale (pena l’esclusione dagli avanzamenti), mentre dall’altra parte un potere spregiudicato accumulava ruberie, costruiva tesori privati e se ne infischiava del cosiddetto bene comune.

La sussidiarietà è un furto

La sussidiarietà così intesa, cioè come strumento di potere che si sostituisce allo Stato, è dunque il ‘furto’ realizzato in questi anni. L’idea era quella di una società dal pensiero unico, clericale nella forma (dal caso Eluana alle trincee contro le coppie omosessuali) neoliberista nella sostanza, in grado di cancellare con la sua pervasività, con il suo ergersi a modello, la stessa struttura della Costituzione. Certo, il ‘pubblico’ spesso è inefficiente, spreca risorse, è al centro di malversazioni. E tuttavia gli stessi fenomeni sono riscontrabili nell’articolazione delle imprese e delle cooperative private se alla base vengono meno i principi di legalità, pluralità, qualità, merito, risparmio, osservanza dei diritti e della legge, se viene distrutto il legame con le istituzioni e i fondamenti costituzionali. La costruzione dello Stato sociale è stata una delle conquiste di civiltà più alte ottenute dal movimento operaio nel corso del ‘900. La rivoluzione tecnologica in atto, i fenomeni di globalizzazione, le migrazioni,, ci chiedono di studiarne nuove forme e di reinventarlo, di aprire le porte a chi ne è tagliato fuori costruendo nuovi percorsi di cittadinanza. Di cittadinanza, appunto, non di appartenenza a lobby o organizzazione, per quanto grandi esse siano. Da qui la falsa idea di modernità, cioè il sogno-incubo di una società chiusa governata da gruppi di potere e di consenso assolutisti; per questo progetto era necessaria una ideologia religiosa integralista, una falange in grado di dare sicurezza, forte fra i giovani, capace di fornire – dalla famiglia alla scuola – un modello totalizzante. E’ il contrario della democrazia.

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