Uno potrebbe pensare: perbacco al Senato, dopo anni di distanza siderale dal Paese e dalla politica, tutto insieme votano per l’arresto di un senatore, approvano la riduzione del numero dei deputati, in attesa di arrivare alla riduzione dei senatori stessi. Che accade? Qualche analista distratto potrebbe dire che la Casta – o quel che sembra esserlo – scende dal trono. Mentre qualcun altro, più concreto, potrebbe cogliere in queste decisioni spicchi di vero e proprio populismo indotto. Una risposta in giacca e cravatta alla richiesta della strada che è sempre un po’ forcaiola e sopra le righe, poco attenta alle sfumature e molto fedele alle spinte emotive che provengono dai media. Avete presente i ricchi banchieri in gessato costretti a sciogliersi il nodo della cravatta e a sporcarsi le scarpe per partecipare alla grigliata in campagna della gente normale? Somigliano proprio a questa immagine…
Già, perché nell’arresto di Lusi non si può leggere che un tentativo strenuo di difesa, di non cedere, di non sciogliersi come neve al sole della primavera. Così come nel taglio dei deputati. Operazioni fuori tempo massimo. Sbadate e legate a una logica poco trasparente, poco democratica, che lascia tanti interrogativi. Perché i senatori, e i partiti tradizionali in genere, sono apparsi operosi e attenti più ai media e ai centri di potere che sono in subbuglio che ai cittadini che restano figuranti in questa democrazia di terzo millennio. Per esempio, che senso ha affrontare una riduzione del numero dei parlamentari senza affrontare una riforma della legge elettorale seria?
Perché le decisioni, sempre, appaiono inadeguate in uno stato di crisi economica e sociale. Con un governo tecnico che non sembra aver risolto molti dei problemi endemici del paese e con un sistema di opacità democratica che si muove senza farci capire con esattezza che cosa accade davvero. Chi tira da quale parte. Non si capisce. Mentre si capisce benissimo che si è aperta una corsa a decidere nei salotti che contano chi possano essere i leader giusti per un futuro scontro elettorale. Si è affacciato Montezemolo, si parla di Renzi sia per il centrosinistra che per la parte politica che sta affrontando il post-Berlusconi. Se ne parla tanto che sembra talvolta un gioco distruttivo. Come quello che vede al centro degli interessi Bersani, segretario del Pd, ossia dell’unico partito che resiste nella bufera. E che sembra sempre in procinto di essere pappato via dalla scena politica in un solo boccone, da Renzi, dai rottamatori, dai media.
L’unica certezza è che il periodo è torbido, che gli interessi in campo sono tanti e che non è che nel dibattito c’è tanta fuffa, tante manovre diversive per giungere a chissà che cosa. Nel 1992, una situazione ingarbugliata simile, produsse Berlusconi. C’è da stare attenti davvero, casta o non Casta. ac
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