“Tornare alle urne”: potrebbe diventare il nuovo gioco dell’estate, da alternare con l’altro: “La guerra dei mercati”. Entrambi editi e gestiti dalla war room di Palazzo Chigi. Finora si è giocato al “Gioco dell’oca”: manovre lacrime e sangue per tornare sempre alla casella di partenza, con un Pil che cala, uno spread che sale, e un debito che non si riesce a scalfire. E al “Monopoli”: con la Germania che acquista case e alberghi, da Vicolo stretto al Parco della Vittoria, lasciando agli altri paesi debiti e qualche stazione (da vendere, prima o poi).
La questione è: se l’Italia finirà sotto tiro ad agosto, chi potrà gestire una nuova manovra di emergenza, magari annunciare che a dicembre non saranno pagate le tredicesime (come ha fatto il premier spagnolo, affrontando la furia della piazza)? Come potrà reggere la “strana maggioranza”, che già si spappola sulla spending review e pensa di aver pagato abbastanza in termini di consensi le manovre varate fino ad oggi?
Ad aprile 2013 si prepara uno scenario greco: i partiti di governo ridimensionati dagli elettori, gli oppositori premiati, a partire dal movimento di Grillo, un quadro politico frammentato, sfilacciato ed esausto. Persino l’ipotesi di un nuovo governo di unità nazionale a quel punto potrebbe risultare impraticabile. Non è un caso che a porsi il problema sia per primo lo stesso Monti, che di un tale esecutivo dovrebbe tornare alla guida. E allora voteremo in autunno, per la prima volta nella storia della Repubblica? E’ presto per dirlo, il gioco, appunto, è appena cominciato. Ai grandi (per ora) partiti non conviene: dal punto di vista del centrosinistra il voto anticipato, sull’onda di una drammatica emergenza economica, rischia di spalancare le porte di Palazzo Chigi ancora a Monti. Il Pdl rischia semplicemente di scomparire, con o senza Berlusconi alla guida (altro gioco, o tormentone, dell’estate): e serve tempo per mettere a punto un piano alternativo.
E poi c’è l’ultimo gioco, anzi un puzzle: la legge elettorale. In campo ci sono decine di modelli, che si confrontano fra diffidenze e veti incrociati. Se si votasse in autunno le Camere andrebbero sciolte a fine settembre e dunque bisognerebbe approvare una nuova legge elettorale, dopo la pausa estiva, in quindici giorni. Dovrebbero essere tutti d’accordo, e pure veloci ed entusiasti: ipotesi altamente improbabile. Insomma, come nel Gioco dell’oca, si tornerebbe alla casella di partenza, il Porcellum. Quello che sulla carta non piace a nessuno, e per questo mette tutti d’accordo.
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