La mordacchia alla politica non fa bene alla democrazia
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La mordacchia alla politica non fa bene alla democrazia

Riflessione su politica e democrazia in un periodo storico in cui la tecnocrazia dilaga e mette a tacere la politica. le idee di Colombo e la partecipazione. [Marco Fiorletta]

La mordacchia alla politica non fa bene alla democrazia
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26 Agosto 2012 - 09.55


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di Marco Fiorletta

Quale valutazione è attribuita al tentativo di mettere a tacere i politici? Perché alla fin fine di tutti i discorsi questa è la domanda da porsi. Ed è una domanda che gli italiani si sarebbero dovuti porre da molti anni, dalla fine della Prima Repubblica e dall’avvento del nanoscurodellademocrazia. Una domanda che riguardava e riguarda anche chi governa l’Europa. Ricordate Jörg Haider il leader di estrema destra che intorno al 2000 “governò” l’Austria spingendo a sanzioni diplomatiche l’Europa? Bene, l’Italia ha avuto governi con razzisti, xenofobi, omofobi e fascisti nei posti di comando senza che dai vertici europei partisse nulla di analogo. Come in questi mesi non stanno facendo praticamente nulla contro l’Ungheria e altri paesi ex comunisti. Queste posizioni sono ampiamente rappresentate nel nostro Parlamento, nel variegato e folto panorama del centrodestra ancora in corsa per riprendersi il governo.

Se alle idee che questi figuri portano avanti aggiungiamo una discreta dose di populismo, qualunquismo messo in campo per rincorrere grillochepalle, non ci resta che tagliarci le vene sulla pubblica piazza. Se poi pensiamo che all’interno del Pd, che sarebbe il più grande partito del centrosinistra, esiste una corrente (chiamiamola così) di rottamatori su base anagrafica, il tutto si fa sempre più fosco. Aggiungete poi che siamo governati da un esecutivo di tecnici con un premier, nominato alla bisogna, per togliersi di mezzo Berlusconi e il panorama è completo.

Un giornalista e politico del Pd, Furio Colombo tanto per non fare nomi, ha combattuto la sua battaglia contro il re della mistificazione paventando l’avvento di un regime, democratico, ma sempre regime. Osteggiato dal suo stesso partito è stato anche rimosso dalla direzione de l’Unità e nessuno ha avuto il buon gusto di dirgli che aveva ragione. Il progetto del capo del Pdl è stato per il momento stoppato dall’intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, quanto la medicina sia pari se non peggio del male lo stabiliranno gli storici, gli italiani, a pelle, lo hanno già stabilito. La nascita del governo Monti aveva alimentato una fievole speranza che, pur con tutte le difficoltà economiche del Paese, qualcosa cambiasse. Speranza subito svanita per la macelleria sociale che hanno fatto. Macelleria sociale, la frase è forte, ma quando si colpiscono i ceti più deboli indiscriminatamente non si possono usare altri termini.

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Il tutto tentando di mettere la mordacchia alla politica e ai politici, di breve e/o lungo corso. La situazione contingente fa sì che si spinga, anche da parte di molti politici di primo piano, a mantenere lo status quo, ovvero il governo Monti sine die come se altre scelte non ci potessero essere. Senza trascurare Grillo e le sue posizioni e la pretesa di una politica dal basso, cosa invocata anche dentro e fuori gli altri partiti. E qui si apre un nuovo fronte.

Politica dal basso, coinvolgimento della gente, partecipazione e altre allocuzioni simili. A sentire politici, intellettuali e demagoghi sembra che questi concetti siano la scoperta del nuovo millennio. Memoria corta, ignoranza o calcolo del tornaconto? Forse tutte e tre le cose. Nel tanto vituperato ‘900 la partecipazione politica era la regola non l’eccezione. Le sezioni erano piene di uomini, giovani, le donne un po’ meno perché dovevano stare a casa a preparare la cena. Insomma c’era chi era fascista in piazza e in casa e chi era comunista in piazza e fascista in casa. Ma questa è un’altra storia. Insomma, la partecipazione alla vita politica era ampia e riguardava tutti i ceti sociali. Nel Parlamento sedevano tutte le categorie compresi gli operai e i contadini e non era raro, perlomeno a sinistra, che raggiungessero posti di rilievo. Trovate un contadino in Parlamento se ci riuscite, un operaio c’è, forse solo perché vittima della Tyssen Group e dell’incidente che uccise diversi suoi compagni di lavoro. Nelle sezioni si discuteva dei lampioni spenti, delle buche e anche della politica nazionale e internazionale. Di donne, femminismo e dei diritti negati, di aborto e divorzio, di lavoro e sfruttamento e, ci si divertiva anche. Negli anni ’70 poteva capitare anche di morirci.

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Ma qualcuno ha poi posto il veto all’andare in sezione? Ha vietato di partecipare alla vita politica del paese? No, si è solo deciso che farsi i fatti propri era più redditizio, curare il proprio orticello più giusto e che gli altri andassero a farsi fottere. Il culmine si è raggiunto con l’avvento del miliardario ridens che ha illuso una gran parte degli italiani con la favoletta del self made man. Tutti speravano di diventare ricchi, di avere facilmente soldi, macchine e donne (o uomini). Italiani creduloni, egoisti e, cosa nuova, razzisti. Finché i neri erano calciatori, cestisti e cantanti andava tutto bene, quando sono diventati semplici lavoratori che giungevano sulle nostre spiagge in cerca di un futuro migliore, come noi avevamo fatto dalla fine dell’ottocento in poi, sono diventati nemici. E c’è chi su questa nuova fase ha speculato e mangiato alla grande non accontentandosi più del bieco razzismo verso i meridionali.

Con la discesa in campo di Berlusconi sono aumentati a dismisura gli avvocati al punto che il Parlamento sembra essere diventato una succursale dell’associazione di categoria. Sono aumentati anche i rappresentanti dei poteri forti, dell’economia e della finanza, la gente comune ha lasciato il campo a chi non aveva e non ha alcun interesse a difenderla. E, allora, si guarda il dito e non la luna, non c’è stata preclusione ma, principalmente, autoesclusione dai processi di formazione di una nuova classe politica.
E ora, la partecipazione dal basso fatta non su nuove idee ma sulla mancanza delle stesse, fatta sull’assenza di regole porta all’insorgere del qualunquismo, italica malattia. E stupisce, e nemmeno tanto, che politici, intellettuali, giornalisti stiano prendendo gusto al gioco al massacro della democrazia, che per quanto imperfetta è l’unica che abbiamo.

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Si dovrebbe tornare all’elaborazione politica, anche allo rispolverare idee valide cadute nel dimenticatoio invece che far nascere partiti sulla cenere dei vecchi ma senza idee e programmi. Occorre rimettere al centro i bisogni dell’uomo, la crescita sociale e culturale e non solo l’interesse del mercato. ma questo lo possiamo fare solo noi, solo gli italiani senza farsi trascinare da facili e pericolose idee populistiche, demagogiche che portano inevitabilmente ad una sospensione della democrazia e delle libertà. Esempi nella storia non mancano, anche recenti, perché quasi un secolo non è poi molto nella storia dell’uomo.

Alla fine siamo proprio sicuri che far tacere i politici e la politica sia la via corretta per risollevare il Paese?

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