Il risultato delle elezioni regionali siciliane è la fotografia di un Paese senza rotta scattata in una delle sue regioni storicamente più significative, di certo non una di quelle che fanno da ‘traino’ al Paese (ma c’è da chiedersi verso dove, in questi anni, la Lombardia abbia trainato l’intera nazione), e però assai rappresentativa delle culture politiche e delle vicende del Paese. Se in Italia l’astensione supera la soglia rossa del 50% e raggiunge addirittura il 53%, vuol dire semplicemente che sta andando in pezzi il patto costituzionale e che, al di là dei ragionamenti, si sta rompendo la democrazia.
Vince Crocetta ma non ha maggioranza
In quanto ai risultati. Vince Rosario Crocetta, del Pd, il candidato di un centrosinistra assai annacquato. Dall’Udc e dal Movimento politico, inoltre non avrà la maggioranza assoluta alla’Assemblea regionale siciliana. Quindi? Vedremo. Lo spaventoso buco di bilancio della regione, i suoi 60mila dipendenti, la depressione imprenditoriale e il tracollo del lavoro, sono questioni immense che ben difficilmente maggioranze raccogliticce potranno affrontare con la volontà di cambiare le cose fino in fondo ma, appunto, vedremo. Il Movimento 5 stelle, il partito di cui il conducator Beppe Grillo si è autoproclamato “capo politico” attraverso il suo blog, ha ottenuto un’ottima affermazione, e ora dovrà scegliere cosa fare e da che parte mettersi. I populismi italici hanno riempito i libri di storia senza mai governare una nazione né una regione, senza mai cambiare una virgola nell’assetto dei poteri costituiti. Ricostruire – un paese, una regione, uno Stato – è un lavoro faticoso e la categoria dei grillini è tuttora troppo incerta (mentre il loro ‘capo’ è un classico esponente di una sorta di sansepolcrismo riveduto e corretto), ma il tempo è dalla loro parte così come il disfacimento del centrodestra che libera migliaia di voti.
Che poi a fronte di una tornata elettorale tanto disperata e frammentata il solito Fioroni di turno, il cattolico conservatore di complemento del Pd – ma altri con lui – intonino il canto dell’alleanza imprescindibile fra Pd e Udc con a capo Monti, fa solo parte della solita pantomima. L’enormità della crisi richiederebbe qualcosa di più: altri pensieri, altre parole, altra umanità nelle proprie posizioni. Non solo burocrazia e sommatoria stanca di siglette. Anche i cosiddetti moderati sono chiamati a fare un salto di qualità, devono parlare di giustizia e di lavoro, di diritti e di equità, di legalità e cittadinanza, se mai ne saranno capaci.
Un blocco di potere alle corde però non sconfittoFra l’altro il blocco di potere che ha retto la Sicilia, blocco affaristico con tratti malavitosi, è solo sparpagliato ma non ancora dissolto. Una parte appena un po’ ripulita sta con Crocetta, un’altra con il Pdl sconfitto di Musumeci e un’altra ancora con il prode Micciché. Per ora assomigliano un po’ a un pugile che ha preso un paio di buoni colpi, ma presto potranno riorganizzarsi e giocare la partita di sempre se non ci sarà un’impennata di civiltà anche in Sicilia, anche fra le forze politiche, Pd per primo ma non solo, che hanno legittimamente vinto le lezioni siciliane.
Cosa ha vinto il PdIl Pd anche stavolta come in occasione delle precedenti amministrative, canta vittoria, ma è una vittoria amara o comunque non del tutto compiuta. Intanto perché il primo partito è quello di 5 Stelle, poi per via di un’astensionismo record che lascia un’ombra pesantissima sulla competizione elettorale, e poi per il sostanziale disfacimento del quadro politico. Il fatto cioè che il partito di Bersani sia l’unico argine alla decomposizione dei partiti e delle istituzioni del Paese, non è un buon segno, forse, neanche per lo stesso Pd e per quegli italiani che agognano un quadro politico di stile vagamente più europeo. Tuttavia è un fatto a suo modo storico che un candidato proveniente dalle fila della sinistra vinca in Sicilia, così come non va dimenticato che la regione era terra incontrastata del Pdl e del dellutrismo, mentre l’ultima candidata alla Regione del Pd, Anna Finocchiaro, aveva preso oltre 30 punti di distacco dall’ultimo governatore regionale, Raffaele Lombardo, poi finito sotto inchiesta con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Ecco, se vogliamo parlare di rottamazione, quando si perde 65% a 30% si dovrebbe lasciare la politica almeno per un po’, ma lasciamo andare. Infine c’è da dire che per quanto il risultato del Pd sia modesto, appena sotto il 14%, va ricordato che l’ultimo Pci e poi le successive variante del partito della sinistra, si erano praticamente dissolte in Sicilia. Insomma qualcosa c’è, comprese le buone intenzioni di Crocetta, ma da qui a dire che faremo l’Italia ce ne vuole eccome.
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