Abbiamo subito capito che uno dei mantra che Silvio Berlusconi ci ripeterà da qui alle elezioni è che la linea di rigore voluta dalla Merkel in Italia (e accettata da Monti) è la causa principale della crisi economica italiana. Tesi audace per usare un eufemismo, sicuramente populista. Ma a stoppate i toni anti-tedeschi del redivivo Silvio è arrivata oggi la risposta del ministro degli esteri di Berlino Westerwelle che ha spiegato: «Una cosa non accetteremo: che la Germania sia fatta oggetto di una campagna elettorale populista». Con la Mekel che da Berlino esprime pieno sostegno a Mario Monti e «quello che ha messo in campo per le riforme».
Infatto è (anche) della Germania che l’ex premier ha parlato oggi: «Siamo andati avanti da quando c’è l’euro a pagare il 4,3% – ha osservato Berlusconi – la Germania il 3,3%. Poi però la Germania ha deciso di fare una cosa nel suo interesse, ordinando di vendere tutti i titoli del tesoro italiani. A quel punto, i fondi americani e internazionali hanno pensato che se la Germania vende, ci sarà sotto qualcosa e hanno iniziato a vendere anche loro». «Gli investitori, dunque, per investire nel nostro debito pubblico e in quello dei paesi “cicala” hanno ritenuto di chiedere un premio per il rischio, anche solo teorico, che correvano, chiedendo il 14% alla Grecia, il 7% al Portogallo ed il 6% a noi. La Germania ha approfittato di questo e forte del suo debito sovrano solido ha abbassato i tassi dell’1%. Ma a noi – ha ribadito – cosa importa?».
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