Monti, il furbetto della par condicio
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Monti, il furbetto della par condicio

Entra e esce dai panni di presidente del Consiglio (di un governo non eletto). Presenzia inaugurazioni e partecipa a eventi ufficiali. E le regole?

Monti, il furbetto della par condicio
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14 Gennaio 2013 - 18.44


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Per fortuna che il professor Mario Monti era stato presentato come l’uomo che, dopo venti anni di berlusconismo, avrebbe riportato l’Italia alla normalità. La normalità del rispetto delle regole, delle istituzioni, degli altri, prima ancora che dei sacrifici necessari per rispondere agli attacchi della speculazione finanziaria. Per fortuna.

Perché se Mario Monti non è un nuovo Berlusconi poco ci manca. La sua scarsa cura per le regole di una corretta competizione elettorale ricordano molto da vicino il suo predecessore. Più si avvicinano le elezioni e più appare stridente, intollerabile – tranne che per lui – questo suo entrare e uscire dai panni del Presidente del Consiglio, capo del governo, seppur dimissionario.

Stamattina era a Torino a inaugurare la stazione “ad alta velocità” di Torino. Inaugurazione, tra l’altro, piuttosto strano: è la terza volta che si inaugura quella stazione….un evento pensato a sua immagine e somiglianza? Ottimo palcoscenico per far sapere al mondo quel che pensa sulle grandi opere. Insomma, qual è il suo programma politico.

Non è la prima occasione, e non sarà l’ultima da qui al 24 febbraio. I possibili “cortocircuiti” tra le due vesti di Monti erano chiarissimi al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha provato in tutti i modi a stopparlo. Ma si sa glielo chiedevano tutti, persino, l’Europa….

Forse Napolitano avrà sperato nella “noblesse” del professore della Bocconi, ma in politica, evidentemente, la cortesia rimane inevitabilmente fuori dalla porta.

Non ci vuole molto a tornare col pensiero al 1994 (paura) quando Silvio Berlusconi sfruttava senza remore le sue tv per fare campagna elettorale. La sinistra lo sfotteva: che cafone, la gente non ci casca. Infatti s’è visto.

Al 1993 risale la prima legge sulla par condicio, una cosetta che permetteva di occupare le tv senza alcuna limitazione fino a un mese prima della campagna elettorale. Dopo il ’94, e la prova della potenza dei mezzi di comunicazione che in Italia non era ancora chiarissimo, soprattutto a sinistra, il tema è stato oggetto di aspra battaglia parlamentare.

Ma forse è il caso di “resettare”, venti anni dopo e disinnescare la bomba di chi fa campagna elettorale vestendo i panni del premier di un governo non eletto.

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