di Argentino Tellini
In questi anni difficili, terribili, di lotta esaltante ho avuto la fortuna di conoscere tante altre lotte, tanti lavoratori, disoccupati, donne, tutti straordinariamente dignitosi nella loro povertà e nel coraggio di affrontare le avversità. Ho visto e vissuto momenti di meravigliosa solidarietà che mi hanno fatto avere più fiducia nel prossimo e fatto pensare che nel momento del bisogno anche noi sardi, noi italiani non siamo inferiori a nessuno.
Siamo infatti generosi e altruisti, specie se depurati dai nostri egoismi e dalle nostre ossessioni. Siamo un grande popolo, ma non sappiamo di esserlo, capace anche di momenti di grande umanità. Ricorderò per sempre il gesto istintivo, un piccolo grande gesto, di un ex mio collega, il giovane Michele Cossu, che alzò di scatto il suo pugno quando vide gli operai dell’Alcoa varcare le porte dell’ex carcere di Cala d’Oliva all’Asinara, dove da mesi, noi della Vinyls, eravamo rinchiusi per protestare contro la chiusura del nostro stabilimento. Michele era felice come un bambino quel momento, come tutti noi del resto.
Quegli operai straordinari, più disperati di noi, si erano alzati alle 4 del mattino facendosi 300 km di strada, più un’altra ora e mezzo di battello, col mare in tempesta, per raggiungere l’sola dell’Asinara e venirci a trovare. Facemmo un’assemblea, eravamo quasi 300 persone, toccò proprio a me aprirla, io che ero quello più abituato a parlare in pubblico. Invece quel giorno non riuscii a proferire quasi parola, mi venne subito un groppo in gola e mi commossi come un bambino, non mi vergogno a dirlo.
Se ne accorse Massimo Cara, esperto delegato sindacale Alcoa. Era al mio fianco, mi diede delle pacche sulle spalle e prese la parola, ma quando finì aveva gli occhi lucidi pure lui. Poi mangiammo e bevemmo tutti insieme, anche con i pastori che lavoravano nell’isola. Due mondi diversi, industria e pastorizia, allo stesso tavolo, con un obiettivo: il riscatto sociale degli sfruttati. In quel grandissimo stanzone quel giorno ci sentimmo davvero forti e uniti come non mai, bisogna provarle certe sensazioni. Sì, per me quello fu uno dei giorni più belli della mia vita, ne sono sicuro, e penso lo sia stato per molti miei compagni. Diventammo molto amici con quelli dell’Alcoa e con gli operai del Sulcis.
Ci sentiamo spesso. Abbiamo conosciuto la disperazione di un futuro incerto, la rabbia sorda che ce la faceva prendere con tutti, l’orgoglio di averci almeno provato in un oceano di indifferenza. Noi della Vinyls la battaglia l’abbiamo persa ed è una cosa che ancora il sottoscritto non ha digerito. Non era giusto, non ce lo meritavamo, sempre aggrappati ad una speranza, parola che io odio perché è con la speranza che si rendono gli uomini schiavi. Questa maledetta parola l’hanno conosciuta bene gli operai e i minatori del Sulcis, le magnifiche donne della Omsa, dell’Eutelia e di tutte le centinaia di vertenze aperte in Italia e nessuna risolta, a causa di una politica in gran parte inetta e di Governi che lo sono stati altrettanto. Purtroppo quando si perde la speranza divampa spontaneo il più tragico degli errori, quello di mettere tutti sullo stesso piano, quello di criticare tutti, partiti, politici ed Istituzioni, chiunque capiti a tiro, senza nessuna distinzione. Aveva ragione chi l’ha detto: criticare tutti è come criticare nessuno, ne sono sempre più convinto. Si cade quindi nella tentazione di astenersi da qualsiasi forma di partecipazione alla vita pubblica, compreso il voto. Quello che sta accadendo oggi. Lo leggo nei social network, ho parlato con tantissimi di loro: saranno in tanti i lavoratori di queste lotte, che assieme ai cassintegrati, disoccupati sardi e italiani non andranno a votare, rinunciando ad un’arma formidabile per tentare di cambiare le cose e mandare a casa almeno una parte di questa inqualificabile classe politica che ci ha portato a questo punto.
Io ne comprendo bene il loro stato d’animo e la loro amara frustrazione, che è anche la mia, ma reputo e ribadisco che sia profondamente sbagliato il disimpegno da un dovere civico e pubblico. La politica naturalmente non ha capito nulla di questo profondo disagio sociale, anzi sembra fare di tutto per alimentarlo, visto che in questa campagna elettorale ha parlato di tutto meno che di lavoro, se non con futili slogan. Ma noi dobbiamo essere più onesti di costoro.
Andiamo a votare quindi, a votare per chi riteniamo il migliore fra i peggiori, è già un buon inizio. Vogliono la nostra rassegnazione, non la devono avere. Non andare a votare è come dormire, dormire è come morire mentre noi dobbiamo vivere e partecipare, anche quando tutto sembra perduto. No, non alziamo bandiera bianca, non ci arrendiamo.
Anni di lotte, di delusioni, di liti, di momenti esaltanti non devono e non possono essere passati invano, non devono essere dispersi nel vento. Quel bellissimo spirito che quel giorno all’Asinara assieme agli operai dell’Alcoa e ai pastori ci aveva fatto sentire forti e uniti sono sicuro che ogni lavoratore italiano in lotta, disoccupato e non, almeno una volta, seppure in forme diverse, in questi anni lo abbia provato. Non può e non deve dimenticarlo, per non cadere nella tentazione del disinteresse quotidiano.
Insieme siamo una potenza e non è vero che le cose non si possono cambiare. Nulla è per sempre, teniamolo sempre in mente. Si dice che quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. Noi siamo duri e siamo soprattutto in tanti. Contiamoci per contare. Perciò non diamogliela vinta. Votare è un diritto, un dovere, un onore.
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Argomenti: Elezioni