Un tempo si diceva che la politica è un’arte. Ci si arrivava dopo anni di esperienze locali, con l’acquisizione di capacità di rappresentare un’idea condivisa da un gruppo. Erano brutti tempi? Mah, chissà. Sicuramente non sono questi tempi in cui ognuno va per conto suo. Per esempio i punti che fanno tanto supermercato. Il Pd di Bersani ne ha elencati otto. E ha detto alle forze politiche presenti in Parlamento: giudicateci sui punti e dateci la fiducia.
All’interno del Pd, invece, Matteo Renzi di punti ne avrebbe aggiunto almeno un nono. Quindi, senza sconti, il punto è che neanche nel Pd sono d’accordo sull’ottavina. E fuori? Grillo e i suoi hanno fatto sapere che non si tireranno indietro. Proporranno un governo basato sui loro 20 punti. Immaginabile che siano diversi dagli 8 o 9 del Pd. Punti, senza alcuna virgola. Perché il punto chiude il ragionamento, la virgola lo rende più dialettico. Venti punti, né virgole, né punti e virgola.
Considerando che Monti sta ancora al punto catenella dell’uncinetto, passiamo a Silvio Berlusconi. Gli italiani lo sanno. Di punti ne ha elencati tanti in questo ventennio: e, per fare un gioco semplice di parole, il punto è questo. Tutti i suoi punti ruotano sull’uno. Né otto, né nove, né venti: uno soltanto. La sua questione giudiziaria, declinata in altre questioncelle legate all’unico punto e definibili facilmente come punti ad personam. E il bello è che l’italiano, poco avvezzo alla punteggiatura, da Totò e Peppino ai giorni nostri, amano tanto la semplificazione del punto unico.
Vedremo che cosa accadrà invece nelle consultazioni in questo scontro di punti indiscutibili. M. Vic.
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