Lo sottolinea con la solita chiarezza Federico Fubini sul Corriere della Sera di martedì 12 marzo. Sono più di 150 miliardi di euro i debiti dello Stato verso le imprese, senza credito e liquidità. Di conseguenza non si pagano fornitori e stipendi, mancano gli investimenti. Nel frattempo la direzione Pd ha ribadito unanime cose note. Ha mancato di prendere atto sufficientemente di non occupare più il ruolo che aveva immaginato con il vecchio schema pre-elettorale, né quello successivo al disastro politico registrato con il voto. Proprio quel disastroso risultato avrebbe invece richiesto un esame critico e autocritico ben più approfondito per tentare di prospettare un futuro non da eterni perdenti, che non è di per sé la sostituzione di Bersani con Renzi.
Offrire una prospettiva richiede collaborare per favorire non solo un governo indispensabile al Paese, ma costruire e lavorare da subito ad una prospettiva ragionevole e urgente che non veda l’Italia troppo penalizzata in Europa e sui mercati internazionali. Ne verrebbero gravemente ostacolati ripresa e sviluppo e una forte spinta perché tutta l’Europa affronti in termini straordinari il drammatico tema della disoccupazione. Serve dunque capacità di prospettiva per impedire dispersioni e spreco di tempo, logorando le istituzioni già messe a dura prova con crescente sfiducia da parte dei cittadini. Specie nel momento in cui con maggiore virulenza si arriva a usare la carta eversiva dei parlamentari Pdl che invadono il tribunale di Milano, mentre si procede legittimamente nei confronti del cavaliere Berlusconi, sovvertendo le regole dello stato di diritto e del principio fondamentale della parità di ogni cittadino difronte alla legge.
Sono in gioco le fondamenta stesse della nostra Costituzione e non è possibile lasciare solo, e assediato il presidente della Repubblica. Il Quirinale è la casa degli italiani diceva Pertini. I cittadini hanno avvertito che è stato così anche con il settennato di Napolitano. Non bisogna permettere che si cerchi di infangarla o si cerchi di farla apparire non sufficientemente garante della democrazia e della libertà di tutti. Un contributo può darlo il Partito Democratico rinunciando alla candidatura di Bersani.
Già i numeri del voto, l’atteggiamento delle altre forze politiche, fanno apparire impraticabile la soluzione Bersani. Prospetti invece il Pd, con la rinuncia di Bersani, una candidatura davvero “terza” senza alcuna intestazione partitica e si lavori insieme alle altre forze, perché abbia successo in Parlamento. Potrebbe configurarsi un sostegno autonomo di forze diverse, in grado di giungere a un risultato di governabilità che tenga conto delle gravi difficoltà presenti ma al tempo stesso sia capace di dare risposta a quella governabilità di emergenza e di ricostruzione morale e civile di cui l’Italia ha urgente bisogno.
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