di Fabio Luppino
Bersani ha mostrato tutto il suo spessore, la sua onestà intellettuale, il suo alto senso dello Stato e di responsabilità. Ma era l’interlocutore sbagliato per far cambiare il canovaccio del Movimento Cinque Stelle. La diretta streaming ha fatto il resto. Dovevano dire che loro non c’entrano con il pantano degli ultimi venti anni, di cui il segretario pd è secondo il movimento uno dei protagonisti, e lo hanno detto. Già scritto, già detto, discorso chiuso in partenza. Cosa sarebbe successo se l’interlocutore fosse stato un altro, Grasso, Boldrini, Rodotà, Zagrebelsky o Chiara Saraceno. Rischiare essendo alla pari, non avendo illuso nessuno nel tempo di prima.
Sarebbe stato impervio per i duri e puri, anche davanti ai loro elettori, rifiutare come hanno fatto. Perché di questo si è trattato. Sembra Ballarò, hanno detto a Bersani. Il salotto tv lo hanno inverato loro che, come a Ballarò, hanno detto quello che dovevano dire.
Ma non è scattato l’applauso. No, un minuto dopo la Borsa ha preso a scendere perché da ora appare sempre più chiaro come Bersani non abbia alcuna maggioranza da portare a Napolitano. Il Capo dello Stato non si farà assolutamente prendere dalle fascinazioni su presunti regimi parlamentari, sui voti a sorpresa di un governo che nascerebbe al buio. I Cinque Stelle hanno perso un’occasione importante, decisiva. Avere un progetto Paese per trent’anni e non iniziare ora è velleitarismo da streaming. Ma l’ostinazione di Bersani di essere lì per forza, di non completare lo sforzo di novità fatto con Boldrini e Grasso anche sul governo, ha reso scontato questo passaggio.
Hanno perso entrambi. Non ci sarà un governo Bersani (a meno che alle parole di oggi seguano altri fatti, ma non crediamo) e il segretario Pd rischia certamente la leadership nella prossima campagna elettorale. Non ci sarà però nemmeno un’altra occasione come questa per i Cinque Stelle: trattare avendo il 25% dei consensi. Il sogno potrebbe arrivare al capolinea molto presto.
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