Tafazzi e la democrazia a statuto speciale
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Tafazzi e la democrazia a statuto speciale

Prima Cazzullo sul Corriere, poi Renzi con le telefonate da Roma e Gentiloni che evoca Tafazzi. Ma il rispetto per la democrazia è finito?

Tafazzi e la democrazia a statuto speciale
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10 Aprile 2013 - 20.10


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di Pietro Manigas

Ha cominciato il giornalista del Corriere della Sera Cazzullo spiegando ai lettori del quotidiano di via Solferino che il cosiddetto popolo delle primarie del centrosinistra aveva capito aglio per cipolla. Avrebbe dovuto votare Renzi e invece ha votato Bersani.

Il dubbio che si siano tutti sbagliati serpeggia tra i più avvertiti della scena politica. Forse, azzardano i più evoluti, deve essere arrivata a tutti una telefonata da Roma. La stessa che , aum aum, deve essere arrivata a chissà chi per bloccare Matteo Renzi che, contro ogni consuetudine istituzionale, voleva scendere a Roma per eleggere il futuro presidente della Repubblica. Invece, zac: telefonatina e la maggioranza ha risposto picche.

Tafazzi all’opera ha spiegato il renziano di ferro Gentiloni. Uomo d’altri tempi, ha tentato la scalata al Campidoglio partendo dalle primarie. Ma anche in questo caso due sono le questioni: la prima è che i centomila che hanno votato non hanno capito manco loro chi dovessero votare per votare bene. La seconda è che deve essere arrivata una telefonata urbana da Roma, anzi più di una visto il numero di voti di scarto democraticamente giunti (al lordo di qualche rom).

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Quindi Tafazzi. Che vuol dire? Che la democrazia si fa in base alla popolarità nei salotti? Che se sceglie la maggioranza, sono soltanto tafazzate da poveracci? Beh, così parrebbe. Allora, orsù, basta primarie, basta voti, basta maggioranze. Così il popolo del centrosinistra non fa più brutte figure nei salotti che contano.

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