Becchi: democrazia usata come arma contundente
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Becchi: democrazia usata come arma contundente

Il filosofo dei 5 Stelle commenta: con Re Giorgio II sarà una boccata di ossigeno, ma di pochi mesi. È stato eletto nel solco della legalità.

Becchi: democrazia usata come arma contundente
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21 Aprile 2013 - 15.21


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«Non vi è dubbio che tutto sia avvenuto ancora una volta nel solco della legalità, ma la legalità in questo caso è diventata un’arma contundente con la quale si è voluto colpire il popolo italiano. I partiti moribondi hanno ricevuto una boccata di ossigeno, ma avranno ancora qualche mese, al massimo un anno di vita, non di più, perché il virus del MoVimeno ha ormai infettato il loro corpo e non si riuscirà più a debellarlo». Lo scrive Paolo Becchi, ideologo di M5s, sul sito di Beppe Grillo, criticando la rielezione di Giorgio Napolitano.

L’esponente grillino sottolinea che nel «deserto» dei partiti «non c’era altra via per ricompattare quel che restava della partitocrazia che recuperare Re Giorgio. Ieri – dice Becchi in un lungo articolo dal titolo “Re Giorgio II”- Grillo ha parlato di un “colpo di Stato, che avviene furbescamente con l’utilizzo di meccanismi istituzionali”. Si tratta di un’affermazione che può sembrare del tutto inadeguata e addirittura pericolosa.

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Esistono tuttavia svariate tecniche del colpo di Stato: quello classico fu attuato da Luigi Bonaparte nel 1851 quando diede il colpo di grazia a quella Repubblica di cui lui stesso era presidente per riuscire a farsi proclamare Imperatore di Francia».

«In quel caso – osserva – ci fu una violazione dell’assetto costituzionale esistente e un suo mutamento: il Presidente divenne Imperatore dei francesi. Non è quello che è avvenuto ieri in Italia. Il Presidente è restato Presidente, non è stato incoronato Imperatore, ma è il primo Presidente della storia repubblicana ad assumere due mandati contro quella che era sino ad oggi una consuetudine costituzionale, quella cioè contraria ad una rielezione del presidente della Repubblica. Inoltre è il primo Presidente della Repubblica ad essere applaudito in Parlamento, ma oggetto di una sollevazione popolare nelle piazze d’Italia».

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