Civati sul Pd: i traditori faranno i ministri
Top

Civati sul Pd: i traditori faranno i ministri

Il deputato del Pd affonda il coletello nella piaga: perché non Rodotà? Perché non Prodi? Sarebbe stato tutto diverso. Sul governissimo consultiamo la base il 25 aprile.

Civati sul Pd: i traditori faranno i ministri
Preroll

redazione Modifica articolo

22 Aprile 2013 - 14.39


ATF

Pippo Civati contro tutti. «Si parla molto di traditori, ma state attenti perché i soliti protagonisti della politica italiana che ora chiamate così poi potreste ritrovarvi, tra qualche ora, a chiamarli ministri», ha scritto il deputato del Pd sul suo blog. «Tutti insieme. Appassionatamente. Con un argomento formidabile: dopo che abbiamo ridotto il centrosinistra così, non vorrete mica andare a votare? Affidate le cose a noi, sappiamo come si fa», ha spiegato.

Civati, che aveva molto spinto per un’intesa su Stefano Rodotà, ha assicurato che se si fosse seguita quella via o si fosse appoggiato Romano Prodi si sarebbe arrivati a una soluzione ben diversa. «Se avessimo votato Prodi o Rodotà, non saremmo andati a votare, come le vecchie volpi della politica hanno ripetuto (altro che Twitter) a tutti i giovani deputati», ha detto. «No, semplicemente avremmo fatto un governo del Presidente. Con un Presidente, un governo e una maggioranza molto diversi da quella che vedremo tra qualche ora. Spero sia chiaro a tutti. Anche a quelli che, come me, in questi giorni hanno perduto», ha insistito.

Leggi anche:  Bersani su Meloni: "Fa la piaciona all'estero e la furiosa in Italia, vuole solo la rivincita"

Civati ha poi attaccato duramente quanti, nel gruppo dirigente del Pd, hanno sparato soprattutto sui giovani parlamentari che non avrebbero retto l’urto delle proteste sui socialnetwork o nelle piazze. «Il Pd ha deciso: è tutta colpa vostra. Dei vostri tweet e dei vostri commenti. Siete il popolo della rete, quello che fa sbagliare (!) i parlamentari con le sue indicazioni. Non ci interessa sapere se abbiate una vita o un lavoro (o non l’abbiate). Ci interessa solo poter dire che i vostri tweet (e anche gli sms) sono eversivi”, ha ironizzato.

È «tutta colpa dei social network, dell’inadeguatezza (Bindi dixit) dei nuovi parlamentari, che non hanno idee, no, loro guardano solo i palmari e si fanno dare la linea da generici elettori scatenati», ha proseguito. «Peccato, però, che qualcuno le stesse cose le avesse dette prima che si alzasse l’onda anomala di messaggi sul web, peccato che i sondaggi – come quello di oggi – avessero indicato che soltanto una percentuale al di sotto del 10% degli elettori del Pd fosse d’accordo per uno schema delle larghe intese e con il Presidente scelto da Berlusconi in una rosa di nomi da noi proposta (da cui è uscito Marini)».

Leggi anche:  Schlein: "Il Pd porta avanti l'intuizione feconda dell'Ulivo di Prodi"

Sul governissimo consultiamo la base il 25 aprile – Pippo Civati ha proposto una giornata di consultazione della base del Partito Democratico in vista della formazione del governo. «Avevo chiesto due mesi fa di verificare l’opinione degli iscritti e degli elettori. Non è stato fatto nulla, nonostante abbiamo il famoso albo degli elettori», ha scritto sul suo blog. «Ora mi chiedo se si abbia intenzione di chiedere loro qualcosa, dopo lo sfacelo di queste ore. Se sono favorevoli al governissimo, ad esempio», ha proseguito.

E qui Civati cita Enrico Berlinguer. «Il compagno Napolitano vi ha informato che la direzione del partito ha costituito una commissione, che sta già lavorando per questo progetto, ma vi ha anche detto che […] noi vogliamo compiere una verifica di massa delle proposte da fare […], vogliamo, insomma, fare una cosa che non si è mai fatta in Italia, sia per la sostanza che per il metodo: arrivare, cioè, a un progetto di trasformazione discusso fra la gente, con la gente», disse l’allora segretario del Pci nel 1976. Dunque, ha insistito Civati, «se vogliamo salvare il Pd, anche da se stesso, sentiamo loro. Il 25 aprile è una data ottima. E saranno loro, eventualmente, a decidere chi se ne deve andare. Altrimenti saranno loro ad andarsene. Anzi, lo stanno già facendo». Infine una frecciata a Matteo Renzi: «Ancora una volta, sono elettori, non follower. Grazie».

Native

Articoli correlati