Cosa non vogliamo da Letta
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Cosa non vogliamo da Letta

Il futuro premier ha detto: non a tutti i costi. Ci fidiamo. Ma solo se saprà liberarsi subito dall'abbraccio mortale della propaganda berlusconiana. [Fabio Luppino]

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24 Aprile 2013 - 19.16


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di Fabio Luppino

Le parole devono cominciare ad essere pietre, altrimenti è inutile pronunciarle. Se Letta dice, “non un governo a tutti i costi”, vorremmo leggerlo come se ci stesse dando una garanzia. Napolitano ha detto che non si scherza: Letta deve fare un governo.

E allora. Il presidente del consiglio incaricato ha chiaro il suo perimetro. Vorremmo indicargli il nostro, di persone che lo considerano degno del ruolo e soprattutto uomo di principi solidi. Il totoministri spesso è un gioco al massacro. Ma ci sono nomi che dicono qualcosa, hanno segnato spesso in negativo stagioni politiche. Si può fare un governo senza la Gelmini se si vuole dare segnali di garanzia, non chiediamo di novità, al mondo della scuola e dell’istruzione tutta. Non ci proponga Brunetta, così come non è più il momento per D’Alema agli Esteri, dove la figura più adeguata oggi è certamente Monti. Ci dia, invece, assicurazioni sull’economia. L’Italia è allo stremo anche per la pressione fiscale, ma non servono prestigiatori. La morsa del debito pubblico è rimasta intatta. Non cadiamo nella trappola di Berlusconi Imu sì Imu no: la campagna elettorale è finita. La leva del fisco è utile se la si sa usare abbassando la pressione fiscale a imprese e lavoratori. Le banche: Draghi ci ha detto che hano paura a dare soldi. Ma ne hanno presi tanti e il sistema è bloccato. Se c’è una politica, anche in questo settore, deve valere. Non può succedere solo per il mondo del lavoro che si cambiano norme in corsa e tra beffe e sofferenze ci si deve adeguare. Le banche strozzano imprese già strozzate. Qualcosa di urgente si deve fare lì.

Quanto all’economia la gente comune vorrebbe conoscere molti misteri su prezzi e tariffe di bollette e benzina. Altresì, sarebbe interessante sapere se il governo è interessato a mettere mano ad un poderoso piano di risparmio energetico, partendo dall’efficienza nei consumi, che non significa austerità: il mondo delle imprese chiede di sapere se è lettera morta il volume sulla Strategia energetica nazionale il cui centro è proprio l’efficienza. Non ci vuole molto, basta volerlo.

Sulla scuola, nomi a parte che pure contano, vorremmo che si bloccassero almeno misure discriminatorie e offensive. In questi anni, Monti compreso, ma il governo Berlusconi ha fatto molto di più e peggio, è stato disarcionato il concetto di scuola costituzionale, garanzia di istruzione per tutti. Sono state prese o pensate misure di svilimento di tutte le figure professionali presenti nella scuola e di selezione censuaria a livello universitario. Sottraendo sempre più risorse con l’intenzione anche dichiarata di privatizzare l’istruzione pubblica. Meglio non fare che continuare a peggiorare.

Sulla legge elettorale non si aprano tavoli o bicamerali, non si scenda nei giochetti della grandezza dei collegi, dell’uninominale ampio o ristretto a seconda di chi ci perde o chi ci guadagna facendo oggi la fotografia territoriale della forze in campo. Il sistema più efficace sembra essere il doppio turno alla francese. C’è, è sperimentato. Si faccia. Certo nella collegialità si discuta, ma non torniamo a scrivere una legge elettorale che per capirla va spiegata soprattutto in quello che non dice.

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