di Fabio Luppino
Chi ha trent’anni non se lo può ricordare cosa significava essere dissidenti. Significava soffrire, essere messo alla gogna, continuare a battersi per un’idea forte, in alcuni casi fino a morire. Solzenicyn e Sacharov i più noti.
C’erano dissidenti nella Mosca sovietica, e ci sono ancora perché il regime è cambiato ma non la sua durezza, c’erano e ci sono a Pechino, c’erano e ci sono in Brimania. Ci sono in tutti i luoghi dove le dittature la fanno da padrone.
In Italia, ai tempi del Pci, in una democrazia garantita dalla Dc, i fuorilinea venivano espulsi o se ne andavano: le conseguenze erano solo politiche. Accadde a Giolitti dopo i fatti di Ungheria ’56 e al gruppo del Manifesto dopo Praga ’68. Stiamo facendo una sintesi, ovviamente.
Anche alla luce di ciò l’ultima polemica scoppiata nel campo degli epigoni del Pci è veramente ridicola. Un non partito, perché oggi questo è il pd, non può avere dei dissidenti, come vengono chiamati da qualche ora coloro che stanno dicendo di non sentirsela proprio di votare un governo Letta-Berlusconi, sin qui una ventina dichiarati. Un non partito ha una non linea e quella votata, sostegno a Napolitano in ogni caso, è l’estrema ratio di un corpo politico spiaggiato, irresponsabile, alquanto insulso nelle sue manifestazioni politiche degli ultimi dieci giorni.
Intimare all’espulsione dei dissidenti è il capolavoro del nonsense di chi è passato in poche ore da Marini a Prodi, da Prodi alle dimissioni, dalle dimissioni a Napolitano, dal governo di cambiamento a quello con Berlusconi. Tutto fa spettacolo. Intimatori e dissidenti sono alla pari. Quali ragioni in più hanno Franceschini e Boccia rispetto a Civati e Puppato? Un Pd già oltre i limiti della decenza ha votato l’unica cosa che poteva votare, il sostegno a Napolitano. Ma non può essere una linea politica. Franceschini e Boccia hanno perso le loro battaglie per la leadership: il primo le primarie del 2009, il secondo battuto due volte da Vendola nelle primarie in Puglia.
Lo stesso gruppo che sta preparando un piattino micidiale per il 4 maggio, giorno in cui si riunirà l’assemblea democratica. Una reggenza nel post Bersani, si fa il nome di Epifani. Ma quel che è peggio è il rinvio del congresso in ottobre. Quando Berlusconi avrà certamente perso la pazienza è chiederà di votare. A quel punto il non partito sarà ancora senza leader. Altro che dissidenti.