In termini desueti per il compassato linguaggio dei notisti politici di grido oggi Berlusconi ha dimostrato di tenere per le palle il governo Letta. Noi, lo sapevamo già. Del resto il capo Pdl sa recitare bene la parte dello statista, ma stando sempre attento alla forza dei sondaggi. Altro che condivisione, interesse del Paese. La spina si stacca su tutti i temi che gli stanno a cuore. Oggi le tasse, domani la giustizia, dopodomani altre questioni legate alla sua attività imprenditoriale, che so la banda larga.
Non conta dove si prendono i soldi per l’Imu, conta che si faccia. Si tagli subito e chissenefrega se i comuni non hanno soldi. Quel che pesa di più sulle famiglie non è l’Imu sulla prima casa, ma quella sulla seconda. Non conta, intanto taglia Letta che poi ci pensiamo.
Soltanto un partito spiaggiato come il Pd poteva pensare il contrario. Napolitano si è assunto la responsabilità di restare a fronte di un capo senza partito, Bersani, e di un capo da sempre poco credibile nelle sue affermazioni. Ha chiesto più potere il Capo dello Stato, senza averlo realmente. Su queste basi si sono incardinate le larghe intese: sul ricatto morale di un debole e su quello di un redivivo.
Siamo al primo aut aut. Non sarà l’ultimo. Che tutto ciò intervenga a fiducia appena raggiunta è decisamente deprimente. Ci sono gli attori protagonisti e i non protagonisti in questa singolar tenzone. Grillo continua a fare lo sputasentenze, ma ormai è la quarta gamba del tavolo, altroché. Enrico Letta è oggi l’agnello sacrificale. Con un partito dietro, il Pd, che quando riemetterà un suono avrà la forza di un raglio. (F.Lup)
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