De Gennaro, dal G8 a Finmeccanica. Si sapeva dal 2005
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De Gennaro, dal G8 a Finmeccanica. Si sapeva dal 2005

Dalle mattanze genovesi alla testa della potente holding militare-industriale. Gigi Malabarba l'aveva denunciato su Globalist. [Checchino Antonini]

De Gennaro, dal G8 a Finmeccanica. Si sapeva dal 2005
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3 Luglio 2013 - 13.18


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di Checchino Antonini

«Cvd», dice Gigi Malabarba, «una formula che si usa in fondo alle dimostrazione dei teoremi di matematica. E “come volevasi dimostrare” Gianni De Gennaro sta per diventare il presidente di Finmeccanica. E’ dal 2005 che Malabarba scrive e dichiara che la carriera dell’allora capo della polizia sarebbe approdata, prima o poi, alla potente holding di stato dell’apparato militare-industriale.

«Non avevo dubbi – ripete dopo aver letto dell’accordo tra Letta, il premier, e il suo ministro dell’Economia Saccomanni – potevano esserci sgambetti dell’ultima ora. Ma tutti i segnali dicevano che stava per accadere». «E’ la somma dei passaggi», spiega Malabarba, che si sono succeduti da quando quello che era il capo della polizia «trasferì trasferì il fidato Luciano Pucci dal Viminale a Seicos (una società del gruppo che si occupa di guerra elettronica, ndr)». Il disegno del controllo di tutte le forniture della sicurezza nazionale da parte di chi stava collocando i suoi uomini (in gran parte indagati per i fatti del G8 di Genova) ai vertici di tutti gli apparati delle forze dell’ordine e dei servizi, apparve chiaro. «Almeno a chi voleva vedere».

Malabarba, nel 2005, era il capogruppo al Senato di Rifondazione e componente del Copaco, così si chiamava il comitato parlamentare di controllo sull’operato dei servizi.

Da capo della polizia, impigliato nelle nefandezze del G8 2001, De Gennaro divenne prima capogabinetto del Viminale – da capo operativo dei poliziotti a capo politico nell’ambito dello stesso dicastero – con una sorta di golpe che scavalca ogni prassi istituzionale. «Solo i prefettizi del Viminale hanno protestato, ossia i legittimi aspiranti a quell’incarico, mentre nessuno dei politici del governo Prodi osò obiettare alla decisione del ministro dell’Interno Giuliano Amato, lo stesso che l’aveva nominato capo della polizia nel 2000».

In quella posizione De Gennaro comincia a piazzare tutti i suoi uomini, quasi tutti indagati per la repressione a Genova, ai vertici degli apparati di sicurezza: a partire dal suo vice (la sua ombra da almeno tre lustri), Antonio Manganelli. Tutto ciò avviene dopo aver sconfitto in una guerra senza quartiere i responsabili dei servizi segreti, in primis il capo del Sismi Nicolò Pollari, e mentre lui stesso era indagato e poi sotto processo per i depistaggi sulla mattanza della Diaz da cui uscirà ripulito dalla Cassazione nel novembre del 2011 prima di diventare sottosegretario con delega ai servizi.

A governare in quei passaggi cruciali era il centrosinistra, con il Prc incastrato dentro, che gli stava cucendo una riforma dei servizi su misura. Stava per diventare il Negroponte italiano accentrando le funzioni in un unico comando com’è avvenuto negli Usa.

Malabarba ora conferma tutto quanto scritto e detto da allora – spesso su Globalist – come il fatto che, in attesa della riforma, De Gennaro fu plenipotenziario a Napoli «per risolvere manu militari l’emergenza rifiuti (che, a distanza di alcuni anni, si rivela tutt’altro che risolutiva), e anche quell’incarico per un periodo, in attesa della riforma dei servizi, di avere nelle proprie disponibilità operative (anche questo, che mi risulti, per la prima volta nella storia repubblicana) le istanze militari del Comando Sud dell’esercito italiano e delle omologhe istanze Nato, nel quadro dell’“emergenza”. Anche questa cosa fu già scritta».

Nel 2004 De Gennaro aveva costituito nell’ambito del Viminale un organismo rimasto ignoto ai più, il Casa, Comitato analisi strategica antiterrorismo, avallato direttamente dalla presidenza del consiglio (Gianni Letta), la cui direzione è affidata alla polizia di stato, e che annovera curiosamente in funzione subalterna sia i tre capi dei servizi di intelligence (che di norma avevano invece il ruolo primario antiterrorismo!), sia i capi delle armi della sicurezza interna: carabinieri e guardia di finanza. Tale organismo non ha mai avuto una funzione effettiva, perché nessuno dei servizi vi ha mai concretamente collaborato, com’era logico, ma ha costituito la premessa della riforma che ha costituito il Dis come organo effettivo di coordinamento dell’intelligence (al posto dell’inutile Cesis, poco più di un centro studi), di cui De Gennaro è diventato direttore. Capo di fatto di tutte le armi con i suoi uomini, capo di tutti i servizi, con appoggio bipartisan.
Ma l’ambizione di Gianni De Gennaro era di approdare ai vertici di Finmeccanica (pare 600.000 euro l’anno più la pensione da prefetto, scrisse Malabarba).

Finmeccanica negli anni è divenuto il fornitore unico della sicurezza nazionale, dall’antiterrorismo al contrasto dell’immigrazione clandestina, dalla sorveglianza delle reti informatiche e delle infrastrutture strategiche (porti, aeroporti, gasdotti) fino alla gestione delle intercettazioni telefoniche disposte dalla magistratura. Tutto ciò, mantenendo il ruolo di gestore unico del sistema militare industriale italiano – Alenia, Galileo, Agusta, Oto Melara… – con un rapporto sempre più stringente con gli Stati uniti piuttosto che con i partner europei (la fonte è la rivista Guerre&Pace).

Luciano Pucci, amministratore delegato di Seicos, una delle principali società di Finmeccanica, è l’uomo di Telecom che ha costituito al Viminale la più potente strumentazione per le intercettazioni esistente nel paese, sulla base di un progetto presentato al ministro dell’Interno Amato all’epoca della nomina di De Gennaro a capo della polizia. Nel settembre del 2004, recita il sito del ministero dell’Interno, Luciano Pucci e Giuliano Tavaroli, capo della security di Telecom, firmano un protocollo di collaborazione tecnica col Viminale proprio per garantirsi il top del sistema. «Si tratta di quelle tecnologie di spionaggio che consentono di spiare gli spioni che spiano magistrati e giornalisti senza essere scoperti; spioni dei servizi che dispongono già di strumenti criptati, teoricamente indecifrabili. Com’è stato possibile spiare per due anni il capo del Sismi Pollari nel pieno delle sue funzioni di principale responsabile della sicurezza nazionale? Cosa che ha destato stupore, invero per non più di cinque minuti, nel Copasir presieduto da Francesco Rutelli… Quel che invece ha fatto scalpore, si ricorderà, sono i ritagli di giornale per le schedature illegali organizzate da Pio Pompa!».

Le rivelazioni di oggi dimostrerebbero proprio che nel 2005 Luciano Pucci sia stato spedito a Finmeccanica per concretizzare quell’ipotesi di controllo di tutte le forniture per la sicurezza nazionale, «in attesa del possibile arrivo del capo».

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