Sul matrimonio gay Alfano minaccia la crisi
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Sul matrimonio gay Alfano minaccia la crisi

E' guerra tra il segretario Ncd e il partito di Renzi, compagni di governo. Il vicepremier: Job Act? Vecchia zuppa. Ma tutti d'accordo su legge elettorale.<br>

Sul matrimonio gay Alfano minaccia la crisi
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9 Gennaio 2014 - 19.19


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Separati in casa. Continua la guerra tra il segretario del Nuovo Centrodestra, Angelino Alfano, e il Pd, suo alleato di governo. “Se propongono il matrimonio gay, ce ne andiamo un attimo prima a gambe levate e denunciandolo all’opinione pubblica” ha detto l’ex forzista sulle unioni civili alla presentazione del libro-manifesto ‘I moderati’. Alfano ha anche bocciato il Job Act proposto da Matteo Renzi, e già promosso dall’Unione europea: “Job act is the same old soup, è la stessa zuppa di sempre” è stato il suo commento.

Pronti al rimpasto se serve, ha aggiunto Alfano. Ma “di fronte a tutto ciò che sta succedendo, il problema delle sedie nel governo non credo sia emergenziale. Se qualcuno lo porrà lo affronteremo. Ma non credo sia essenziale nel 2014” ha spiegato il segretario Ncd, sottolineando di non avere incarichi di partito: “ho deciso di continuare a occuparmi della vicenda del governo che è fondamentale”.

Sul tema della legge elettorale, Alfano si dice d’accordo con i tempi dettati da Renzi. “Ci va bene un’agenda dei tempi della legge elettorale che chiuda il percorso alla Camera nella prima settimana di febbraio – ha detto -. E’ la nostra apertura a Renzi: ci fidiamo e siamo convinti che Renzi non userà l’approvazione rapida della legge per tornare al voto”. Nessun rinvio, dunque.

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Da parte sua, anche il Pd non sembra voler dare tregua al segretario di centrodestra, chiedendo che il vicepremier riferisca in aula sul caso Shalabayeva. “Il ministro dell’interno disse che nulla sapeva dell’operazione della polizia kazaka, il suo ex capo di gabinetto Giuseppe Procaccini fornisce oggi una versione completamente diversa. Il Parlamento deve sapere se il vicepremier ha detto la verità o ha mentito», hanno dichiarato i senatori del Pd Roberto Cociancich e Isabella De Monte, che sul caso hanno presentato diverse interrogazioni parlamentari.

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