L'Italicum procede, il Pd si spacca
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L'Italicum procede, il Pd si spacca

L'Italicum avanza al Senato. Nell'Aula di Palazzo Madama la nuova legge elettorale sta prendendo forma.

Pier Luigi Bersani
Pier Luigi Bersani
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21 Gennaio 2015 - 19.03


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Bersani. Nella riunione pomeridiana di 140 parlamentari della minoranza Pd alla Camera, Pier Luigi Bersani, a proposito della spaccatura nel partito, dice: “Renzi lo sa benissimo: c’era una possibile mediazione sull’Italicum e loro non hanno voluto mediare. Ora spetta a lui dire se si può partire dall’unità del Pd”. Mentre a proposito dell’epiteto usato dal senatore Stefano Esposito contro la minoranza Pd, l’ex segretario democrat è chiaro: “Dare del parassita a Corsini, Gotor, Mucchetti, è pericoloso. È gente perbene che non chiede niente e va trattata con rispetto. Se viene meno il rispetto è finita”.

Il Senato ha dato il via libera all’emendamento Esposito, il cosiddetto ‘Super Canguro’ che di fatto taglia tutte le altre proposte di modifica contrarie, con 175 si, 110 no e due astenuti. Con il via libera all’emendamento Esposito cadono di fatto “35 mila proposte di modifica” delle 47mila presentate alla legge elettorale. Lo afferma Calderoli in Aula. E nell’emiciclo esplode la protesta dei 5 stelle. “Dei 35mila erano quasi tutti miei” chiosa Calderoli rispondendo al M5S.

Intanto sono 140 tra deputati e senatori i parlamentari del Pd della minoranza riuniti alla Camera. A partecipare all’incontro sul tema delle riforme tutte le aree della minoranza: Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo, Roberto Speranza, Rosy Bindi, Pippo Civati. Alla riunione, nella sala Berlinguer del gruppo Pd, ci sono anche Stefano Fassina, Francesco Boccia, Cesare Damiano e molti senatori in prima fila nella battaglia sull’Italicum al Senato come Miguel Gotor, Vannino Chiti, Corradino Mineo. “Più che una riunione di corrente sembra una riunione di partito”, osserva il deputato bersaniano Giacomo Portas.

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Berlusconi, Pd al Senato non ha più maggioranza, Fi centrale – Il Pd al Senato non ha più la maggioranza. Fi è tornata ad essere centrale. Lo ha detto Silvio Berlusconi parlando alla riunione con i deputati Fi a quanto raccontano alcuni presenti.

L’Aula del Senato ha bocciato entrambi gli emendamenti Gotor alla legge elettorale. Il primo, bocciato con 170 no, proponeva di modificare la proporzione tra nominati ed eletti con il sistema delle preferenze, a favore di questi ultimi. I sì sono stati 116, 5 le astensioni. Il secondo, respinto con 168 no, 108 sì e 3 astensioni, proponeva fra le altre modifiche correzioni al capitolo dei capilista, sempre a favore del sistema delle preferenze.

Gotor, a rischio credibilità democrazia – La norma sui capilista va cambiata, facendo in modo che il “il 70% degli eletti sia scelto con le preferenze direttamente dai cittadini” anche per evitare i “rischi” di incostituzionalità da parte dell’Italicum, “che dopo 10 anni di Procellum sarebbero intollerabili”. Ne va della credibilità del Parlamento e della democrazia” aveva detto il senatore Dem Miguel Gotor, illustrando l’emendamento sottoscritto dalla minoranza Dem sul nodo delle liste bloccate.

L’Aula del Senato sta esaminando l’emendamento Esposito, il cosiddetto ‘supercanguro’ che recepisce gli accordi sull’Italicum e che, per come è scritto, una volta votato farà decadere la maggior parte dei 48.000 emendamenti alla riforma elettorale.

Aula dice no a emendamento Calderoli – Al via le votazioni sugli emendamenti alla legge elettorale in Aula al Senato. Il primo voto è stato su un emendamento ‘premissivo’ a firma Calderoli che è stato bocciato con 188 no, 72 sì e alcuni astenuti.

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Tonini, grave comportamento dissidenti Pd – “Nel mio partito è successa una cosa grave, che potrebbe diventare un problema per il futuro del Pd.” Lo ha detto il vicepresidente del gruppo Pd al Senato e membro della segreteria, Giorgio Tonini, intervistato a Radio Città Futura riguardo al gruppo di senatori del Pd che ieri ha annunciato che non voterà la proposta di riforma elettorale della maggioranza del partito. “Nel nostro regolamento c’è lo spazio per la cosiddetta obiezione di coscienza, è riconosciuto a ogni singolo senatore il diritto di dissentire nel comportamento di voto, ma in questo caso la questione ha delle dimensioni tecniche”. “Se andranno fino in fondo e non voteranno in aula, questo sarà un elemento che costituirà un problema per il futuro del partito – ha avvertito il senatore Tonini – Rischiano di mettere a repentaglio la tenuta del governo, e quindi del paese, in un momento difficile come questo, per una questione che riguarda un tema opinabile, tecnico e non politico. Viene il sospetto che invece sia una battaglia politica contro Renzi con qualunque mezzo, ma questo non è ammissibile in un partito che vuole essere unitario. Quando ero in minoranza con Bersani, non mi sarei mai immaginato di agire in questo modo”. Sulla scelta del candidato al Quirinale, Tonini ha poi aggiunto: “Il nostro impegno è quello di evitare un lungo Vietnam. L’ideale sarebbe il “metodo Ciampi” che venne eletto alla prima votazione da un amplissimo schieramento parlamentare. Noi stiamo lavorando per questo obiettivo, cioè trovare una figura popolare che sia al tempo stesso un arbitro del sistema, non un giocatore di parte, una personalità da cui tutti si possano sentire garantiti”.

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“Una giornata importante per le riforme e la legge elettorale, non sono cose lontane dalla gente: avremo un vincitore la sera delle elezioni, mandiamo in soffitta le liste bloccate e più della metà eletti con le preferenze ed il resto con i collegi. Non subiremo poteri di veto dei piccoli partiti e governo durerà 5 anni”. Così Matteo Renzi. “Con buona pace dei frenatori noi andiamo avanti: con prudenza, saggezza, buon senso e equilibrio”, ha detto Renzi in conferenza stampa a P.Chigi. Non si può “aspettare, rallentare perché l’Italia ha già rallentato troppo e nei campi sbagliati. E’ il momento di accelerare sulle riforme perché siamo qui per non perdere neanche un minuto”.

“Siamo qui per fare cose che in 30 anni non ha fatto nessuno: legge elettorale, sfatare tabù ideologici sul mondo del lavoro, nella Pubblica amministrazione ed ora il mostro sacro del sistema del credito. Se c’è un marchio di fabbrica del Governo è questo”, ha detto ancora il premier al termine del Consiglio dei ministri.

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