Mattarella e l'archivio segreto della sinistra
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Mattarella e l'archivio segreto della sinistra

La scelta di Sergio Mattarella garantisce qualità e fiducia. Ma evidenzia anche il vuoto determinatosi nella "sinistra", vittima di se stessa e di una storia da rileggere.

Mattarella e l'archivio segreto della sinistra
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1 Febbraio 2015 - 14.05


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L’elezione di Sergio Mattarella, eccellente, riporta però a galla il vecchio impazzimento di tutte le categorie che definiscono cosa sia (o sia stata, meglio) la sinistra. Quell’impazzimento fu lo scoppio della guerra fratricida tra socialisti e comunisti. Proviamo a riassumere: dopo i fatti cileni Berlinguer ritenne di mandare in soffitta l’idea di “alternativa alla dc”. Nei fatti questa “opzione” di alleanza con la Dc venne praticata in un modo molto semplice: l’accordo con la Dc lo faccio io e tu, Psi, vai in soffitta.

Quello che ha dato fastidio a molti di questa opzione è stata la sua “chiave interpretativa”: se il compromesso con la Dc lo faccio io è un fatto nobile, se lo fai tu è un fatto ignobile.

Ne è uscita la formula più arrogante che si possa immaginare: ” l’incontro tra quanto di meglio ci sia nella sinistra con quanto di meglio ci sia nel cattolicesimo”.

Ne è nata una competizione a sinistra che ha visto il Psi adattarsi all’incontro con quanto di “meno esaltante” ci fosse nella Dc, il famoso Caf. Un autogol oggettivo, che non può nascondere la visione piccista: io sono il bene.

L’irritazione era evidente anche perchè al fondo della scelta socialista dell’alternativa c’era una visione interessante: rendere la sinistra “europea”, arichiviando il modello sovietico e scegliendo quello tedesco. Ma anche qui i vertici comunisti hanno ritenuto di poter incarnare in proprio il post-comunismo. Infatti l’onesto Occhetto, che con la sua svolta apriva la porta a una revisione culturale, è stato “assassinato” da Veltroni e D’Alema, interpreti della linea che dice: noi non abbiamo nulla di cui pentirci, siamo stati “il meglio” e “restiamo il meglio”, dobbiamo solo cambiare casacca, restando però noi gli interpreti del bene e del giusto.

Ecco che gli ex-pci non si sono piegati, ma spezzati. Hanno sposato parametri liberisti, eternizzando però se stessi e la loro progenie alla guida del movimento operaio. Il culmine di questo percorso è il film di Veltroni su Berlinguer, che è servito a veicolare un messaggio: noi non siamo mai stati comunisti, ma berlingueriani.

Dunque Veltroni and Co. non avevano autocritiche da fare, come diceva Occhetto, ma solo successi da rivendicare.

Questa storia ha prodotto un gruppo dirigente dai metodi fermi e dalla schiena spezzata, cioè la conferma dei vecchi metodi leninisti, sempre validi, e le nuove idee liberiste, sposate nella convinzione interiore che la propria abiurata identità fosse tutta sbagliata e andasse dunque non emendata ma rimpiazzata. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Ah, Achille, leader tradito di una sinistra che non ha avuto umiltà e finisce in soffitta, come forse era scritto che fosse…

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