Il travaglio maggiore è nel partito di Renzi anche se il Segretario Presidente sembra fare orecchie da mercante. Per chi aveva proclamato ai quattro venti che le riforme si fanno insieme con la più larga maggioranza possibile – a cominciare dal Lodo del Nazareno redatto all’insaputa di tutti, tranne Verdini – non si tratta comunque di un risultato esaltante.
Berlusconi ha problemi infiniti ma non è difficile spiegare la sua giravolta difronte al gioco abile ordito da Renzi per l’elezione del Quirinale. Ritrovarsi però con tutte le opposizioni schierate contro sulla legge elettorale e minacciare ciò nonostante di proseguire imperterrito e di non escludere la questione di fiducia, ci pare una missione suicida destinata comunque a conseguenze negative.
L’Italicum ci pare discutibile dalle fondamenta per lo spropositato premio di maggioranza attribuito per giunta non a una coalizione ma al singolo partito che raccolga un voto in più. Ci sono poi i 100 capolista decisi dal centro dai capo partiti; l’assenza sostanziale di vera possibilità di scelta da parte del cittadino elettore. Insomma una minestra precotta o il salto dalla finestra, come recita il detto popolare. Renzi però ostenta piglio imperterrito e rafforza l’ostentazione della sua sicurezza facendo minacciare di continuo la fiducia. Ha del resto buttato fuori dalla commissione che esaminava la legge dieci commissari della minoranza interna, e ignorato completamente le dimissioni del capogruppo Speranza. Colpevole agli occhi dei renziani di volere tentare un’estrema mediazione nel gruppo al fine e di evitare – così l’ha chiamato – un insulto al Parlamento.
Non sono mancati errori e, in particolare la sinistra interna è apparsa divisa e priva di una strategia chiara e convincente. Criteri e metodi seguiti appaiono in ogni caso fortemente discutibili anche se, in apparenza, non scalfiscono le certezze del segretario presidente. Il problema maggiore riguarda certamente la minoranza PD, ma è il Partito Democratico nel suo complesso e tutta la società Italiana a trovarsi in un passaggio cruciale. Non riguarda infatti un attraversamento ordinario della nostra vita politica, ma la definitiva trasformazione del PD in PDR: quel partito della Nazione auspicato dai seguaci renziani dopo l’entusiasmante risultato delle elezioni europee. Con il rischio però che il renzismo, come scrive da tempo il professor Ilvo Diamanti, diventi un formidabile blocco di potere liderisistico per i prossimi anni.
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