Perché l'innocente Marino deve lasciare
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Perché l'innocente Marino deve lasciare

Il sindaco persona perbene, ma i maneggioni dicevano: se resta tre anni se magnamo Roma. Ora non ha pià l'autorià necessaria.

Perché l'innocente Marino deve lasciare
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14 Giugno 2015 - 12.52


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di Giancarlo Governi O Muse, o alto ingegno, or m’aiutate;

o mente che scrivesti ciò ch’io vidi,

qui si parrà la tua nobilitate.

Inferno 2, 7-9

Queste sono le parole che Dante all’inizio del suo grande viaggio dopo che ha incontrato Virgilio che gli ha parlato dell’incarico che ha avuto da Beatrice di accompagnarlo, dice a se stesso, a mo’ di incoraggiamento e sembra volersi dire “ora vediamo di cosa sei capace, vediamo se saprai mostrare le doti di intelletto e di coraggio che credi di avere”.

Questa esortazione, anche un po’ minacciosa, del grande Fiorentino mi sento di rivolgere in questo momento al Fiorentino che presiede alle sorti politiche italiane, a Matteo Renzi. Perché in questo momento così delicato Matteo Renzi deve pensare a porre riparo alla casa, alla sua casa, quella del PD, che sta crollando e facendo acqua da tutte le parti. Soprattutto a Roma, nella Capitale, dove il sindaco Marino si trova accerchiato, sbeffeggiato e sputacchiato dalle opposizioni più becere e anche da coloro che hanno fortemente contribuito a creare il disastro.

Il sindaco Ignazio Marino sembra essere la vittima sacrificale, in un mondo alla rovescia. Sembra di essere nel mondo favolistico ma fortemente emblematico e allusivo di Collodi, dove i ladri vengono mandati liberi e i derubati incarcerati. Marino è quello che ha portato in Procura le carte delle malversazioni e delle ruberie e ora rischia di diventare il bersaglio degli accusatori in buona fede e in malafede.

La situazione è drammatica e tutti riconoscono a Marino la sua innocenza e la sua buona fede, ma come si fa a dimenticare le parole dei mascalzoni che al telefono dicono “se rimane Marino altri tre anni se magnamo Roma”? Per questo non possiamo ritenere che l’innocente Marino sia la persona più adatta a fronteggiare questa situazione tragica che richiede interventi drastici e urgenti, portati avanti con coraggio e autorevolezza. Quale autorità può avere ora Marino, un sindaco sotto assedio, con la magistratura che sta rivoltando Roma come un pedalino, e con la minaccia di scioglimento del consiglio comunale per mafia? Renzi deve convincere Marino a dimettersi, facendogli capire che soltanto dimettendosi da innocente indignato che prende atto della sua impotenza e rinuncia al ruolo per il quale ha ricevuto il voto popolare per il bene della sua città, può salvare la faccia e anche il suo avvenire politico.

Roma ha bisogno di una mano forte, di qualcuno che assuma tutti i poteri, in un momento che non può non essere una vacanza della democrazia. Un personaggio che assecondi il compito e il ruolo della magistratura e nello stesso tempo mandi avanti la macchina del governo della Capitale che è chiamata a fare fronte a tante emergenze e anche al Giubileo straordinario che Papa Francesco ha proclamato e che potrebbe diventare una occasione importante per Roma. Un po’ come fu la Cancellieri per Bologna, che da commissario prefettizio sistemò le cose a tal punto che tutti i partiti le chiesero di candidarsi alle elezioni di sindaco.

Purtroppo i partiti in questo momento, a Roma soprattutto, dopo aver avuto anni straordinari con i sette di Rutelli e i sette di Veltroni, dopo il disastro di Alemanno che ha dato spazio a tutti questi loschi figuri che “se vojono magna’ Roma” e in parte se la sono già “magnata”, sono tutti, chi più e chi meno, responsabili del disastro Roma. A cominciare dal partito del Premier e del Sindaco che deve essere commissariato al pari del Comune. Qui si “parrà la nobilitate” di Renzi, che dovrà dimostrare coraggio e decisione. A Roma si gioca la partita dell’Italia e anche quella di Matteo Renzi.

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