Per Stefano Fassina è il giorno dopo il suo addio al Partito Democratico. Il parlamentare ha deciso di spiegare in alcune interviste il perché ha lasciato quello che ha definito come il “partito dei banchieri”: un Pd che dovrebbe guardare, secondo il politico, alla sinistra vera, quella rappresentata da Papa Francesco.
“Vedo uno spostamento dell’asse verso interessi forti, quelli del big business industriale e finanziario. Costamagna non è l’unico. Si mettono grandi banchieri d’affari ovunque. Ce n’è uno stuolo a Palazzo Chigi, tutti consiglieri del premier” ha accusato Fassina.
Stefano Fassina ha spiegato anche chi sono al momento i suoi punti di riferimento: Syriza e Podemos, ma soprattutto Papa Francesco, che “solleva una critica al capitalismo estranea da decenni alla sinistra. E che lascia quasi senza parole”.
La scelta di lasciare il Pd, ha aggiunto Fassina, “è stata segnata dalla svolta liberista sul lavoro, da quella plebiscitaria sulla democrazia, e ora da quella regressiva sulla scuola”. Dopo il successo delle Europee “ho sperato che nascesse una leadership in grado di ascoltare diversi punti di vista. Invece è successo che Renzi ha interpretato quel voto come una forma di autosufficienza, come un’investitura totale”.
Renzi, per Fassina, “è l’interprete fedele ed estremo del Pd che fu costruito al Lingotto”. “Il Pd – ha dichiarato l’ex democratico – ha nel suo statuto una cultura plebiscitaria che poi si riflette nelle sue azioni. Persino sulla scuola abbiamo assunto l’ispirazione dell’uomo solo al comando, il preside, che disciplina gli insegnanti sfaticati”.
“Ci siamo illusi che un’interpretazione del Pd che pure c’era fin dalla nascita, quella di Reichlin e di Scoppola, potesse essere dominante. Abbiamo sbagliato”, ha continuato Fassina. “E’ stata la segreteria Bersani ad essere un’anomalia, tant’è che non è riuscita a raggiungere gli obiettivi che si era prefissa perché la cultura politica prevalente nel Pd aveva un segno diverso”.
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