Rissa nel Pd: Madia contro Orfini, Guerini contro tutti
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Rissa nel Pd: Madia contro Orfini, Guerini contro tutti

Domani la resa dei conti in Direzione nazionale. Verso i congressi anticipati nelle città della sconfitta.

Giachetti e Orfini
Giachetti e Orfini
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23 Giugno 2016 - 14.50


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Volano gli stracci nel Partito Democratico. Come prevedibile dopo il tornado elettorale che si è abbattuto su Largo del Nazareno. Mentre Renzi non drammatizza e chiama all’appello i territori (senza fare accenno di mea culpa) e  Giachetti, il candidato bruciato dalla urne, punta l’indice contro il Pd e lo accusa di aver toccato il fondo, Marianna MAdia, ministro della Pubblica Amministrazione oggi va all’affondo. Orfini e la sua mala gestio del commissariamento del partito romano nel mirino.  Un affondo che è il segnale  palese del conflitto in seno alla maggioranza che guida il Pd.Altro che minoranza! Oggi, intanto proprio la minorazna ricompatta le fila in attesa della direzone di domani. 

Le parole della Madia. La ministra richiama le parole di ieri di Romano Prodi, che aveva invitato a cambiare politiche e non solo i politici perchè altrimenti ci si usura anche in due anni (ogni riferimento è puramente casuale). E attacca: “Il voto ci dice una cosa chiara: nella mia città, che non è l’ultimo borgo d’Italia, siamo stati rottamati dai cittadini. Il Pd non ha saputo ascoltarli. E ci hanno punito”. Così il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia in un’intervista a Repubblica. Accoglie il richiamo di Romano Prodi a restituire attenzione all’ingiustizia sociale e sottolinea che se a Roma “il tappo” è Orfini allora “si dimetta da commissario”. Parole pesanti, perché arrivano da un membro del governo vicino a Maria Elena Boschi, oltre che da una renziana di ferro. 
“In questo momento tutti gli schemi di gioco sono saltati. E bisogna avere l’umiltà di riconoscerlo”, spiega Madia. Orfini dovrebbe dimettersi perché “non ci possiamo più permettere ostacoli al cambiamento. In città c’è una classe dirigente giovane, agisca. Ma senza aspettare che qualche capo corrente la candidi”. 
L’invito di Prodi. “Prodi ha fatto un’analisi lucida, che condivido appieno, su quello che è il problema centrale del mondo contemporaneo: l’ingiustizia crescente”, aggiunge il ministro. “Che finisce per influenzare il voto dei cittadini, non solo in Italia. Basta guardare quel che è successo a Roma, dove il Pd è stato vissuto come ininfluente rispetto alla vita delle persone. Troppo ripiegato su se stesso, non ha capito il disagio delle periferie, della gente meno tutelata e più in difficoltà, che alla fine ci ha percepito come inutili, incapaci di dare risposte ai loro bisogni. E ha scelto chi invece gli offriva questa speranza”. Per Madia “sul voto di Roma la vicenda locale ha pesato” ma “è stato proprio il nostro premier a porre il tema della lotta alle diseguaglianze, ingaggiando con la Ue una battaglia contro l’austerità e l’illusione che si possa scindere l’azione dei governi nazionali dalla qualità della vita delle persone”. “Credo che abbiamo fatto tante cose buone, non sempre comunicate bene. Ora con umiltà dobbiamo capire che ci sono dei bisogni a cui non siamo arrivati, e a cui dobbiamo provare a rispondere”.

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La difesa di Guerini. Il caso Orfini è emblematicoIl vicesegretario Lorenzo Guerini gela la ministra: “Io tengo sempre scolpita a mente una frase di Alda Merini che dice: ‘Mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire’. Consiglierei a tutti più sobrietà nelle dichiarazioni. Orfini si è assunto la responsabilità di commissario di Roma dopo Mafia Capitale e lo ha fatto con grande impegno e determinazione, di cui va solo ringraziato”.

 PConcetti ruvidi che seguono quelli altrettanto pesanti di Michela Di Biase, la consigliera capitolina – moglie di Dario Franceschini – in cima alla classifica delle preferenze dei democratici alle comunali: “Veniamo da 18 mesi di commissariamento post Mafia Capitale durante i quali, anziché pensare a dare risposte ai cittadini, ci si è occupati – forse troppo – del partito. Orfini e i sub-commissari non hanno avuto un rapporto reale con gli amministratori locali dei territori. Non hanno alimentato una discussione vera sulle cose che servivano”. Alle accuse replica però Guerini, aprendo un fronte tra i renziani: “Credo sia oltremodo sbagliato porre la questione in questo modo, cioè chiedendo le dimissioni del commissario”.

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Il vertice di domani. Senza dubbio un attacco concentrico contro il leader dei Giovani Turchi, che rimette in gioco tutti gli equilibri del vertice che guida il Partito democratico. Domani il caso Roma piomberà sul tavolo della Direzione nazionale e Orfini ha già in mente la strategia per ribattere alle accuse: se necessario, si dirà disponibile ad anticipare il congresso del Pd romano, previsto in un primo momento a ottobre. E ricorderà che per statuto è proprio la Direzione a dover stabilire se accelerare il redde rationem, o lasciare che si tenga subito dopo il referendum costituzionale. È probabile che si decida di stringere i tempi, sull’esempio di quanto stabilito dal gruppo dirigente dem di Torino. Lì il segretario Morri non si ricandiderà, e l’assise dem – fissata per l’inizio del 2017 – sarà anticipata a settembre. Il clima resta infuocato, come dimostra anche una lettera aperta del giovane deputato Enzo Lattuca: “Caro Renzi, spesso è sembrato che il Pd per te fosse un peso e un impiccio. Da quando sei segretario, abbiamo raggiunto l’apice della correntizzazione. Vorrei che ritrovassimo insieme la strada per cambiare questo Paese”.

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Dossier caldi. Temi caldo ma non unici, visto che il responsabile Riforme del Pd Emanuele Fiano assicura che sull’Italicum il premier “aprirà una riflessione già in Direzione”. In molti attendono l’intervento di Renzi per capire la linea sulla legge elettorale, e per comprendere se davvero il premier slegherà la sua permanenza a Palazzo Chigi dall’esito del referendum d’ottobre sulla riforma costituzionale. Si prepara ad incalzarlo la sinistra del partito, che oggi pomeriggio si riunirà per fare il punto in vista dello scontro. L’opposizione interna chiederà al premier un passo indietro dalla segreteria e un nuovo orizzonte per il governo. “Orfini? A noi interessano soprattutto le politiche dell’esecutivo e del Pd – giura Davide Zoggia, bersaniano di ferro – Quanto alla richiesta di dimissioni del commissario, mi sembra che corrisponda a un sentimento molto diffuso nel partito romano. Decida Renzi, comunque, perché noi non vogliamo che questo tema distragga dalle montagne assai impervie che dovremo scalare”. Ancora più dura, se possibile, la bersaniana Roberta Agostini: “Mi sembra normale che Orfini faccia un passo indietro – sostiene la deputata. Sarebbe un gesto di umiltà, utile ad aprire una discussione vera”.

 

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