La memoria per tentare un futuro migliore
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La memoria per tentare un futuro migliore

La liberazione dei due tecnici in Libia è un successo della nostra intelligence: una bella notizia ha occupato la scena sui media, un sollievo di fronte alle crisi e sciagure del mondo.

Alluvione di Firenze del 5 novembre 1966
Alluvione di Firenze del 5 novembre 1966
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Nuccio Fava Modifica articolo

6 Novembre 2016 - 11.13


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I due tecnici italiani liberati in Libia dopo 47 giorni di sequestro sono un risultato importante per la nostra diplomazia. Per tutta l’Italia, specie i nostri servizi segreti, capaci di operare in silenzio e giungere a conclusioni positive: salvare la vita degli ostaggi percorrendo ogni strada utile e la collaborazione con le autorità locali per quanto precarie e prive di un controllo pieno del territorio. La bella notizia ha occupato la scena sui media, con un generale senso di sollievo di fronte alle tante crisi e sciagure del mondo. 

Anche la celebrazione dei 50 anni dell’alluvione di Firenze-alla presenza del capo dello Stato-ha rappresentato un lieto evento non solo per i fiorentini ma per i tanti visitatori italiani e stranieri che riconoscono nella città di Dante e Machiavelli un faro universale di cultura, di bellezza, di arte e di civiltà. L’occasione è servita per esaltare l’azione straordinaria dei volontari, soprattutto ragazze e ragazzi che hanno contribuito a sconfiggere la furia dell’Arno e a mettere in salvo opere d’arte e suppellettili di valore inestimabile.

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Sotto quella spinta cominciò a prendere corpo l’idea di organizzare un volontariato strutturato e inoltre di creare il servizio della protezione civile di cui l’Italia era priva. Negli stessi giorni l’acqua devastò anche Venezia e l’impegno e la solidarietà di donne e di uomini generosi permisero che lo scoramento e lo smarrimento non prevalessero. Al contrario energie infaticabili non vennero mai meno e mostrarono capacità di iniziativa e di inventiva inaspettate. Eppure dopo 50 anni molto resta da fare per la messa in sicurezza dell’Arno e l’effettiva salvaguardia di Venezia “dall’agua longa”. L’esperienza drammatica di queste giornate funestate da tanti terremoti che non si sa se si avviano finalmente a concludere i loro sussulti devastanti, mettono in risalto l’importanza di tutte le energie dello Stato messe prontamente in moto attraverso un efficace coordinamento con i sindaci dei centri colpiti ma anche attraverso una presenza assidua, preziosa e ininterrotta di forze del mondo del volontariato. Una risorsa enorme che svolge una funzione pubblica di grande rilievo sociale e che integra positivamente i compiti pur essenziali dello Stato e della sua doverosa iniziativa. Un modo prezioso anche per evitare sprechi e rischi di corruzione che non mancano mai, specie nella fase di ricostruzione. Addirittura non mancano tentativi di sciacallaggio non appena le scosse concedono una tregua. Ci sono però sciacalli ben più pericolosi che tentano di inserirsi nelle gare degli appalti per i lavori di ricostruzione urgenti e non rinviabili per avviare la ripresa e dare speranza per una prospettiva di ritorno alla normalità. Proprio in questi giorni è stato arrestato a Firenze il presidente dei costruttori per affari non limpidi, mentre la progettata messa in sicurezza dell’Arno è in ritardo di svariati anni. Tutti ricordiamo la vicenda del Mose, una mangiatoia di pubblico denaro a cui hanno attinto anche politici e amministratori di diverso orientamento politico. 

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Celebrare come è doveroso gli eventi tragici di 50 anni fa serva dunque anche a fare memoria di vicende e di aspetti non commendevoli e per valorizzare invece il tanto di positivo che i cosiddetti “angeli del fango”hanno testimoniato al mondo. Emergerà così una forza positiva ed un motivo di speranza anche tra i tanti nostri terremotati di questi giorni senza casa e incerti del loro futuro.

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