Leopolda, comizi e volgarità: perché Renzi non è Obama
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Leopolda, comizi e volgarità: perché Renzi non è Obama

Il segretario-presidente e le sferzate offensive verso gli esponenti della minoranza interna accusati di essere schierati per il No. [Nuccio Fava]

Renzi alla Leopolda
Renzi alla Leopolda
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Nuccio Fava Modifica articolo

8 Novembre 2016 - 10.12


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Il raduno fiorentino di Renzi giunto con successo alla settima edizione costituisce ormai un appuntamento di rilievo. Anche se in queste ore tutta l’attenzione è giustamente concentrata sul problematico e sconcertante voto Usa, quanto accaduto alla Leopolda merita ancora qualche riflessione. Innanzitutto la conferma che i partiti proseguono nella loro grave crisi con organi statutari privi di peso e di ruolo , con un compito di mera ratifica di decisioni prese dal capo. Questa modalità ha dominato l’assise fiorentina, priva del resto di significativo confronto critico, di analisi e contributi significativi sui problemi più rilevanti di questa fase storica. Anche se simpatica l’atmosfera piena di festosa amicizia ed esultanza, è parsa però finalizzata all’acclamazione del proprio leader, a proteggerlo dai nemici, soprattutto interni, accusati di volersi vendicare contro il segretario-presidente per ragioni di invidia o per l’incapacità a comprendere la novità e la grandezza politica del disegno renziano. Ammesso che ce ne fosse stato bisogno il segretario-presidente si è lasciato andare ad un lungo intervento dal tono comiziesco carico di affermazioni perentorie, di riferimenti compiaciuti ai risultati raggiunti, di sferzate offensive verso gli esponenti della minoranza interna accusati di essere schierati per il No per un vendicativo spirito di vendetta e per una inconfessata smania di potere con l’obbiettivo di rientrare in gioco e riconquistare le poltrone perdute. Una schematizzazione volgare del confronto politico, che può solo inasprire le posizioni, aggravare le difficoltà e rendere impossibile ogni dialogo. Specie se un tale atteggiamento si tenta di farlo valere come arma referendaria, che per sua natura richiederebbe riflessione e argomentazioni pacate e persuasive. Finisce per prevalere invece un tono poliziesco, un invito alla battaglia decisiva e finale, un appello alla mobilitazione casa per casa. Si tratta di un grave errore, diseducativo per la vasta platea degli elettori in tanti ancora confusi ed incerti tra il Si ed il No. Né è meno preoccupante la schematica semplificazione : se vince il Si l’Italia entrerà nell’età dell’oro, dopo che per decenni è stata impedita dai vecchi politicanti ; mentre se vincerà il No si tornerà ai “governicchi”di breve durata facendo ripiombare l’Italia nella mala politica e nell’inconcludenza. Toni forti e quantomeno eccessivi, forse immaginando di potere rincorrere voti in altri campi e con la speranza di convincere i tanti possibili astenuti e i giovani i particolare orientati in grande prevalenza per il No. C’è stato anche un episodio caratterizzato da violenti estremisti che hanno tentato di manifestare contro la manifestazione della Leopolda . Come al solito i più duri hanno avuto per qualche minuto il sopravvento , bloccati però dalle forze dell’ordine e dagli sbarramenti predisposti per tempo. Tuttavia tra i manifestanti c’erano numerosi cittadini che manifestavano civilmente il loro dissenso , la loro protesta , come insegnanti, senza lavoro , risparmiatori truffati da banche senza scrupoli . Alla Leopolda non si è dato forse giustamente rilievo agli incidenti , anche se poteva essere l’occasione propizia per un tentativo di riflessione sul malessere profondo della nostra società , sulle cause che determinano il successo dei populismi e del rifiuto della partecipazione e dell’intervento politico. Ma i timori per l’esito del referendum sopravanzano ogni altro aspetto e forse solo dopo il 4 dicembre sarà possibile e anzi necessario riprendere a ragionare di politica e del suo rinnovamento in termini non autoreferenziali e diretti a individuare una efficace coniugazione del bene comune.Quello che sta su altro piano , davvero diverso e ci spiazza di continuo è papa Francesco. Grida, come già a Lampedusa :”vergogna, si salvano le banche e non le persone” e , rivolgendosi ai governanti del mondo all’Angelus : “assumete un atto di clemenza verso i carcerati nell’anno della Misericordia”. Certo il Papa non fa politica. In spirito di laicità e piena autonomia , governanti e politici potrebbero trarne ispirazione , per dare respiro più alto alla loro azione e rispondere davvero ai bisogni dell’uomo contemporaneo.

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