Antifascisti timidi e divisi mentre i fascisti sparano, picchiano e minacciano
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Antifascisti timidi e divisi mentre i fascisti sparano, picchiano e minacciano

Una escalation preoccupante. Azioni squadristiche mirate contro gli immigrati, le associazioni e i centri di accoglienza, gli antifascisti, i media. Ma una risposta forte e unitaria non c'è

Neofascisti- immagine di repertorio
Neofascisti- immagine di repertorio
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Claudio Visani Modifica articolo

21 Febbraio 2018 - 19.01


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La destra neofascista rialza la testa. Incoraggiata dal vento xenofobo e populista che spira in Europa, dalla campagna anti-immigrati della Lega e dallo stato comatoso della politica italiana, i nostalgici di Mussolini e della dittatura sono tornati ad esibire il loro lugubre repertorio: adunate, saluti romani, intimidazioni, aggressioni, pestaggi. Da un anno a questa parte, dai piccoli paesi di provincia alle città, si susseguono le azioni eclatanti dei militanti di CasaPound e Forza Nuova, i due partiti dell’estrema destra in Italia, e degli adepti di Salvini, che ormai ha traghettato il suo partito sulla stessa sponda.
Il caso più clamoroso avviene a Macerata il 3 febbraio scorso. Luca Traini, ex candidato della Lega, per vendicare (dice lui) la morte della giovane Pamela Mastropietro, secondo l’accusa uccisa e fatta a pezzi da alcuni spacciatori nigeriani, spara a casaccio contro i neri ferendone almeno 6, poi si costituisce facendo il saluto romano e mettendosi sulle spalle una bandiera tricolore; nella sua abitazione viene trovato il Mein Kampf di Adolf Hitler. Qualche mese prima, il 28 novembre, a Como una quindicina di naziskin fanno irruzione nella sede dell’associazione “Como senza frontiere” che si occupa dell’accoglienza dei migranti, interrompono la riunione in corso, leggono un proclama contro la “deriva immigrazionista” che sarebbe in corso in Italia e se ne vanno, tra gli sguardi attoniti dei presenti che non rispondono alla provocazione. Il 6 dicembre una dozzina di militanti mascherati e con la bandiera di Forza Nuova si presentano minacciosi sotto la redazione dell’Espresso e di Repubblica a Roma, mostrano cartelli che inneggiano al boicottaggio dei due giornali, accendono fumogeni, leggono un proclama di accuse alla redazione. 
Episodi inquietanti, che richiederebbero una mobilitazione forte e unitaria di tutte le forze democratiche, che invece non c’è. Anche perché, in precedenza, dall’inizio del 2017, c’erano stati altre decine di casi “minori”, passati quasi tutti sotto silenzio, o comunque seguiti con poco risalto dalla politica e dagli stessi media. Tra gli altri, una irruzione al bar Eden di Napoli mentre è in corso un incontro organizzato dall’associazione Sipes con il mondo Rom, con i fascisti di Forza Nuova che distruggono attrezzature e scaraventano a terra, ferendola, l’organizzatrice dell’evento; l’aggressione di un ragazzo che sta affiggendo manifesti antifascisti a Genova da parte di una trentina di militanti di CasaPound; l’incendio di una palazzina che avrebbe dovuto ospitare un gruppo di migranti a Spinetoli, in provincia di Ascoli Piceno; l’aggressione di 5 ragazzi figli di immigrati marocchini e il pestaggio a sangue di uno di loro, a Pavia, da parte di una trentina di fascisti; le svastiche disegnate sui muri di un centro di accoglienza a Teramo, con la scritta “gas per i negri, distruggeremo le vostre vite”. Fino ai due episodi più recenti, quelli di martedì 20 febbraio: le coltellate e le botte a due attivisti politici di Potere al popolo, aggrediti mentre attaccano manifesti elettorali a Ponte Felcino, in provincia di Perugia; l’irruzione di un gruppo di esponenti di Forza Nuova negli studi romani del talk show “Di martedì” con la pretesa di prendere parte alla trasmissione per protestare contro il pestaggio del loro segretario provinciale a Palermo.
Una escalation preoccupante. Azioni squadristiche mirate contro gli immigrati, le associazioni e i centri di accoglienza, gli antifascisti, i media. Che però trovano risposte alla camomilla da parte della politica. Con il centrosinistra che si divide sulle manifestazioni antifasciste, e con i partiti di centrodestra che continuano a minimizzare, a parlare di casi isolati, di atti compiuti da squilibrati, del pericolo fascista che non esiste. Contro ogni evidenza, si direbbe. Perché l’aria che tira in Italia e nel mondo è pessima e va proprio in quella direzione. La crisi è passata solo per i ricchi. I poveri aumentano e i figli stanno peggio dei padri. Così l’estrema destra e i populisti avanzano ovunque, mentre la sinistra è in profonda crisi. Gli immigrati, i neri, i diversi tornano perciò a essere “il pericolo”, il “nemico” che cresce nella pancia del Paese e alimenta la guerra tra poveri, la “paura” che i vari Salvini, Meloni, Forza Nuova, CasaPound e in parte anche i Cinquestelle cavalcano per accrescere la loro forza politica ed elettorale. Certo, non si può fermare questo vento con le parole, e nemmeno con provvedimenti legislativi: servono politiche che cambino lo stato delle cose. Ma una legge sul neofascismo in Italia c’è, e parla chiaro. I fascisti, neo o post che siano, non hanno diritto di riorganizzarsi in partiti. Lo vieta la Costituzione nata dalla Resistenza contro gli orrori del fascismo, che recita: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Forza Nuova e CasaPound cosa sono se non questo? Perché, allora, sono libere di riorganizzarsi secondo quella ideologia, di presentarsi alle elezioni e avere accesso alle piazze, reali e televisive? Perché le forze dell’ordine che dovrebbero tutelare lo Stato democratico e le sue leggi, tutelano invece i comizi di Forza Nuova e CasaPound usando i manganelli e gli idranti contro chi protesta e non li vuole, com’è accaduto a Bologna? 
La legge 645 del 20 giugno 1952 recita che “Ai fini della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, si ha la riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica … o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolgendo la sua attività alla esaltazione di esponenti, principii, fatti e metodi propri del predetto partito…”. E aggiunge che “chiunque promuove od organizza sotto qualsiasi forma la ricostituzione del disciolto partito fascista, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. La stessa pena si applica ai dirigenti dell’associazione o movimento; chiunque vi partecipa è punito con la reclusione fino a due anni”.
Una legge datata ma ancora in vigore. Perché viene ignorata dal governo, dai prefetti, dalla magistratura, dai partiti? La Camera, nel novembre scorso, ha approvato la proposta di legge del deputato del Pd Emanuele Fiano che dovrebbe aggiornare la legge del 1952 confermando però il reato per l’apologia del fascismo. La sua legge punisce “chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco”. Prevede da sei mesi a due anni di reclusione per chi fa saluti romani, vende oggetti o commercia materiali e simboli del nazi-fascismo: tutta roba che in Italia ha avuto un grande mercato negli ultimi anni, e non solo a Predappio. Il testo è stato approvato alla Camera con 261 voti a favore, 122 contrari e 15 astenuti. Contro hanno votato Lega Nord, Movimento 5 Stelle e Forza Italia. Poi il disegno di legge è passato al Senato, che però non è riuscito (o non ha voluto) approvarlo prima della fine della legislatura. Quindi fa ancora fede la legge Scelba del 1952. Che però finora nessuno si è curato di fare applicare. Pochi giorni fa la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha lanciato un appello affinché vengano messi fuorilegge i movimenti che si richiamano al fascismo. Ma non ha avuto grandi e unanimi ritorni. In questa orribile campagna elettorale che si gioca tutta o quasi contro l’immigrazione sembra quasi che faccia più paura l’anti-razzismo e l’antifascismo del fascismo di ritorno tornato a crescere nella società

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