“Io vorrei essere là, nella mia verde isola…”, diceva una straordinaria canzone di Luigi Tenco. In quella canzone del’63 lui parlava d’altro e ad altri. La ricordo soltanto per dire che oggi io vorrei essere là, a Palermo per stare in piazza contro fascismo e razzismo.
Lì perché Palermo è città aperta per eccellenza, da sempre. Lo dicono la sua storia, il suo nome, l’aver fatto ricchezza dei passaggi dei popoli e delle culture. Fortissima, eccelsa, quella araba.
Senza sfogliare la storia, perché la cultura – come l’archeologia con la Meloni – sta passando un brutto quarto d’ora, fermiamoci all’oggi per capire quanto scandalo e indignazione possano aver fatto a Palermo, tra i giovani palermitani, le ronde dei neofascisti, le loro spedizioni punitive contro gli immigrati, pestati e rapinati, la loro spavalda presenza in strada.
Sì, certo, partiamo prima dalle botte all’esponente di Forza Nuova, che ancor prima d’essere dirigente locale di una formazione dichiaratamente fascista, è stato protagonista di piccoli e impuniti episodi di delinquenza razzista. Stolto fermarlo, provare a fermarlo, picchiandolo al buio di una strada, e filmandolo. Stolto e fascista nel metodo, perché la risposta agli impuniti e alle provocazioni è solo quella democratica, e di piazza, con la visibile e rappresentativa riappropriazione democratica dei luoghi.
Si è consentito troppo, si è sdoganata la fognatura, si è sorriso agli abitanti delle fogne quando sono venuti fuori con arroganza, si è sorriso al “colore” quando colore era, ma nero. Quello del fascismo sempre in agguato quando ci sono colassi nella struttura sociale e politica. Responsabilità nella destra che si definisce moderata, responsabilità anche a sinistra.
Il fascismo deve fare paura. “Non questo o quell’episodio – ha scritto qualche giorno addietro Vradimiro Zagrebelsky – non questa o quella dichiarazione, ma il complesso del clima presente è motivo di allarme e non consente disattenzione”. Ed è giusto e incoraggiante che una nuova resistenza si mostri, oggi, in piazza a Palermo. Perché Palermo è città multietnica, qui ci sono tutti. Vivono, crescono e fanno più ricca e lungimirante la città. A suo tempo ha accolto quelli che andavano via dall’Est povero e senza occasioni di lavoro, ha aperto le braccia a quanti sono arrivati dall’Estremo Oriente, poi dalle regioni disperate d’Africa, dal Maghreb, ed ancora chi scappava dalle contemporanee atroci guerre. Hanno trovato i palermitani, un diffuso volontariato, una Chiesa forte e temprata dall’impegno contro la mafia. Hanno fatto di Santa Rosalia la loro santa e protettrice.
A fronte di questa realtà che si vorrebbe avvelenare, occorre dire no, deciso e forte, al neofascismo che qui ha scritto alcune paginette della sua scellerata storia, fatta anche di incursioni a quattro mani con la mafia ancora da decifrare.
Ecco perché oggi vorrei essere lì.
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