Sto ancora aspettando che il genere maschile impari a usare argomenti più validi per denigrarci o controbattere pensieri e azioni che non condividono. Che allarghino il proprio misero vocabolario. Perché se le parole sono importanti anche l’uso di parolacce diverse può contribuire a una rivoluzione culturale.
E invece se non la pensiamo come loro siamo troie, puttane, mignotte, sempre e comunque etichettate con insulti sessisti che oggettivizzano sessualmente la nostra persona.
Ci vedono solo come oggetti, appunto, che rientrano nella sfera sessuale. Gli uomini invece vengono insultati con parole che esprimono concetti di incapacità o malafede: coglione, stronzo. Noi no. Noi siamo solo carne da macello per i più bassi istinti. A noi vengono augurati stupri, agli uomini no, anzi le minacce, dati alla mano sono inferiori per la metà.
E da quando esistono i social quello che prima veniva pensato, ho detto al bar, ora viene scritto senza problemi pubblicamente nascondendosi dietro un account spesso falso.
La Polizia postale purtroppo ha pochi mezzi e risorse per contrastare un fenomeno in spaventosa crescita che è quello del bullismo di genere, un sessismo da social network, che colpisce almeno una volta tutte le donne iscritte. Noi donne ci imbattiamo in situazioni umilianti e dolorose qualsiasi cosa facciamo.
Mi rivolgo ai padri di figlie femmine, forse più portati a una maggiore sensibilità sul tema.
Non vi spaventa un pianeta che non lascia in pace le donne in nessun luogo o situazione. Che tenta sempre di ostacolarle attraverso una fisica e psicologica violenza la nostra vita quotidiana? Siate voi i primi per esempio a cancellare dal vostro repertorio linguistico queste parole insopportabili nel 2018.
Quanto coraggio e forza e fegato ci vuole a essere donne, anche solo per iscriversi sui social?
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