Ha 64 anni, cremonese e un passato da commissario alla spending review durante il governo Letta. Carlo Cottarelli è l’uomo convocato al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dopo che il premier incaricato Giuseppe Conte, ha rimesso l’incarico.
Laureato in Scienze Economiche e Bancarie presso l’Università di Siena e con in tasca un master in Economia presso la London School of Economics, nel 1981 Cottarelli muove i primi passi nel Servizio Studi della Banca d’Italia, dove resta in carica fino al 1987, per poi passare, per un anno, al Dipartimento monetario e settore finanziario dell’Eni.
La carriera decolla nel settembre 1988, quando vola a Washington DC per lavorare al Fondo monetario internazionale, dove rimarrà per 25 anni. Dal 2008 al 2013 assume l’incarico di direttore del Dipartimento Affari Fiscali del Fmi, fino a quando Enrico Letta lo nomina commissario straordinario per la Revisione della spesa pubblica durante il suo governo.
L’attività di Mister Forbici, come lo ribattezza allora la stampa, riguarda le spese delle pubbliche amministrazioni, degli enti pubblici, nonché della società controllate direttamente o indirettamente da amministrazioni pubbliche che non emettono strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati.
Nel 2014, su nomina del Governo Renzi, Cottarelli diventa direttore esecutivo nel board del Fondo Monetario Internazionale. Per questo motivo, lascia l’incarico di commissario alla revisione della spesa. Per Cottarelli è un periodo duro. In un’intervista rilasciata al ‘Corriere della sera’ poco prima del termine dell’incarico parla della difficoltà a relazionarsi con il sistema burocratico. “Una cosa che mi ha reso molto difficile il lavoro – confida a Beppe Severgnini – a parte le difficoltà politiche di fronteggiare certi temi, ma quelle ci stanno, è stato il mondo burocratico romano”.
Dal 2017 Cottarelli assume l’incarico di direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano. Cottarelli è anche autore di molti saggi sulle politiche e istituzioni fiscali e monetarie, libri sull’inflazione, politica monetaria e tassi di conversione. L’ultimo, per i tipi di Feltrinelli, si intitola ‘I sette peccati capitali dell’economia italiana’.
Da sempre contrario all’uscita dell’Italia dall’euro, le priorità per l’Italia, Cottarelli le ha suggerite qualche settimana fa, chiarendo anche le sue posizioni sui conti italiani: “L’Italia – ha detto a ‘La Stampa’ – deve approfittare di questa fase di crescita per rafforzare i conti pubblici razionalizzando la spesa. Se no quando prima o poi le condizioni peggioreranno il debito ricomincerà a salire rispetto al Pil e ripartirà la speculazione contro di noi. I mercati adesso sono calmi perché, oltre all’azione della Bce, l’economia europea e quella italiana crescono. Però possono cambiare idea in fretta al mutare delle condizioni e avere una crisi di fiducia verso i Paesi dal debito alto”.
Tra le curiosità private di Cottarelli c’è che ama la chitarra, gli piace suonarla e cantare insieme agli amici e il suo pezzo forte è “La locomotiva” di Francesco Guccini. E’ l’altra faccia dell’economista Carlo Cottarelli. Sposato con Miria Pigato, anche lei economista con una carriera nell’ambito dell’economia finanziaria, due figli – chi tra i suoi amici e colleghi lo conosce bene, dice di lui che è un grandissimo lavoratore e anche una persona estremamente pignola, rigorosissima. appunto, uno dei pezzi che ama di più suonare. Altro segno particolare del Cottarelli ‘privato’ è la sua avversione per il vino: non lo bene mai. Lo sostituisce con il latte. Anche al ristorante.
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