Liliana Segre, il volto umano della politica: "Anche io sono stata clandestina"
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Liliana Segre, il volto umano della politica: "Anche io sono stata clandestina"

Applausi per la senatrice a vita, ex deportata nei lager nazisti che ha scelto di difendere i Rom, i Sinti e tutti i clandestini: la nostra sola colpa è essere nati già polvere nel vento.

Liliana Segre
Liliana Segre
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5 Giugno 2018 - 18.00


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di Francesca Mulas

Alla fine, dopo tanti discorsi su rigore e repressione, dopo progetti di muri, ruspe e carceri, dopo mesi di insulti, minacce e odio, sulle aule della politica è finalmente tornata l’umanità. Ha i capelli ordinati e candidi e il volto severo di Liliana Segre, 88 anni, da gennaio scorso senatrice a vita. È stato il presidente Mattarella a nominarla, e non in un giorno casuale: l’ha voluta tra i banchi di palazzo Madama il giorno in cui l’Italia e l’Europa ricordavano i settant’anni dalle leggi razziali volute dal fascismo e da Mussolini. Oggi non ci sono più norme che vietano la scuola ai bambini o le cattedre ai medici, ma il clima nero che si respira negli ultimi mesi in Italia non ci porta troppo lontano. 

Con il suo discorso al Senato in occasione della votazione per la fiducia al nuovo Governo Liliana Segre, oggi, ha restituito un po’ di umanità a questa politica violenta e impaurita. Ci ha ricordato, con la sua voce chiara e sicura, che anche noi siamo stati umiliati, siamo stati migranti respinti, siamo stati clandestini. 

Il nostro ricordo è sbiadito, il suo ce l’ha impresso sulla pelle: è il numero che le tatuarono sul braccio quando entrò ad Auschwitz-Birkenau, il campo nazista dove la condussero, quattordicenne, insieme al padre. Si separarono nel famoso binario del treno che entrava direttamente nel campo: non lo vide mai più. 

“Non posso che rivolgere un ringraziamento al Presidente Mattarella per aver deciso di ricordare l’ottantesimo anniversario delle leggi razziali facendo una scelta sorprendente e nominando senatrice a vita una vecchia signora che porta sul braccio il numero di Auschwitz – ha detto oggi Segre tra gli applausi. E poi ha ricordato “l’umiliazione” di quanti vennero esclusi dalla società in tempi che prepararono ” a shoah italiana, che fu uno dei crimini del fascismo italiano”.

“Soprattutto si dovrebbe dare idealmente la parola a quei tanti uccisi per la sola colpa di essere nati, che sono cenere nel vento. Salvarli dall’oblio significa onorare il debito storico che l’Italia ha con loro, ma anche portare gli italiani di oggi a respingere la tentazione dell’indifferenza, a non anestetizzare le coscienze ad essere piu’ vigili”. Ancora applausi per la senatrice a vita, i suoi colleghi in piedi.

E per sottolineare, ancora una volta, che il razzismo di oggi non è lontano da quello di ieri, che le ruspe e i fogli di via non sono poi così diversi dai divieti di studiare o lavorare di settant’anni fa, Segre ha ricordato “rom e sinti, gente che nei campi di sterminio inizialmente invidiavamo perché nelle loro baracche stavano con tutta la famiglia. Per questo mi rifiuto di pensare che oggi la nostra società democratica possa essere sporcata da leggi speciali nei confronti delle popolazioni nomadi”. 

Da qui la decisione di astenersi dal votare la fiducia al nuovo governo. “Ho conosciuto la condizione di clandestina – ha ricordato – ho conosciuto il carcere e sono stata operaia. Svolgerò la mia attività di senatrice rispondendo solo alla mia coscienza. Guidata solo dalla fedeltà ai principi della Costituzione. Con questo spirito ritengo che la scelta più coerente con le motivazione della mia nomina a senatrice a vita sia quella dell’astensione”.

Grazie, senatrice Liliana, per averci ricordato che per l’odio c’è sempre una risposta.

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