di Antonio Ruju
Che qualcosa si sia inceppato è indubbio. E non è che aiuti fare lo struzzo come Di Maio che esulta sempre, dice: “Rispetto al 2013 abbiamo la possibilità di triplicare i nostri sindaci e questo è il nostro obbiettivo per i ballottaggi del prossimo 24 giugno” . Addirittura. Vediamo i dati, allora delle elezioni amministrative 2018. Al Nord il Movimento si ferma quasi ovunque nettamente sotto il 10% e in alcuni casi addirittura sotto il 5% (basti pensare a Brescia, Vicenza e Treviso). Praticamente, un partitino. Al Centro il M5S riesce ad attestarsi tra il 10 e il 15% ma viene più che dimezzato rispetto alle Politiche. Al Sud, dove il 4 marzo aveva ottenuto un plebiscito, tocca il 20% ad Avellino ma resta sotto questa soglia a Barletta e perfino in alcune città della Sicilia (16% a Catania).
Non c’è paragone dicono i Pentestellati, amministrative e politiche non si mettono assieme. Come sommare cavoli con le arance. Eppure. Ci sono sconfitte più dure delle altre come Ivrea, città «adottiva» di Davide Casaleggio, in cui è cresciuto politicamente e non solo. Qui il M5s è fuori dai giochi e la battaglia è tra centrosinistra (più avanti con le preferenze) e centrodestra.
Caso Capitale. Non finisce qui perché poi c’è Roma. Due municipi cruciali: l’VIII (che va da Garbatella all’Appia Antica) in cui un ragazzo – si chiama Amedeo Ciaccheri – cresciuto nei centri sociali vola al 54, 05% al primo turno sostenuto da un ‘laboratorio civico’ che vede Pd, LeU e associazioni civiche, sopravanzando di quasi trenta punti percentuali Simone Foglio del centrodestra (in quota Forza Italia), che si è fermato al 25,33% e stracciando letteralmente Enrico Lupardini dei 5 Stelle terza piazza con il 13,11% e poco più di 4mila voti. Ciaccheri che dice: “E’ il nostro avviso di sfratto alla Raggi”. Non va meglio ai grillini nel III Municipio, ovvero area Montesacro, altra circoscrizione gigantesca, oltre 200mila abitanti. Qui Giovanni Caudo, docente universitario ed ex assessore all’Urbanistica della Giunta di Ignazio Marino, ha portato il laboratorio civico del centrosinistra al 42,06%, 18.917 voti, distanziando il leghista Francesco Maria Bova, ex vice questore, che ha ottenuto il 33,81% delle preferenze. Resta fuori dal ballottaggio la ex presidente pentastellata Roberta Capoccioni – in carica fino a febbraio scorso – che si è fermata al 19,18%.
Tanto chiara la batosta che Virginia Raggi abbandona il consueto mantra “bello bellissimo” e sussurra: “I cittadini hanno sempre ragione. Dovremo essere più presenti nei quartieri. faremo tesoro dei voti espressi”. Bene alzata, sindaca. Dopo due anni di non governo per fortuna se ne accorge. E ora come i grillini di lotta, ma soprattutto di governo correranno ai ripari?
Nel Lazio la débâcle pentastellata è così evidente da non necessitare di grande analisi. A Pomezia, che fu il primo Comune conquistato dai pentastellati, si andrà al ballottaggio tra il candidato M5S, Adriano Zuccalà (28,7%) e Pietro Matarese (25,3%) alla guida di una coalizione composta da Lega-Fi-FdI. Non ce l’ha fatta l’ex sindaco grillino, Fabio Fucci, candidato con due liste civiche dopo essere stato bloccato dal Movimento per il divieto del secondo mandato. Nell’unico capoluogo al voto, Viterbo, si profila una vittoria del centrodestra. A Fiumicino il ballottaggio sarà invece tra il sindaco uscente di centrosinistra, Esterino Montino, in netto vantaggio con il 39%, e l’ex ministro Mario Baccini, presidente dell’Ente nazionale per il microcredito, che ha ottenuto oltre il 27%. Ballottaggio anche a Velletri. Orlando Pocci, alla guida di una coalizione composta da Pd, Leu e civiche, grazie al 34,8% delle preferenze, sfiderà al secondo turno Giorgio Greci, arrivato al 29,4% e sostenuto da Lega, Fdi e Cuori italiani. Ballottaggio anche a Santa Marinella tra il candidato del centrosinistra, Pietro Tidei (34,2%) e il candidato di Lega-Fi-Liste Civiche, Bruno Ricci (24,43%).
Di Maio ostenta sicurezza ma nella base serpeggia un diffuso senso di preoccupazione:. Mentre il ministro sul blog dei 5 stelle parla di “importanti risultati elettorali” i militanti commentano con un certo allarme. Carlo, ad esempio, è tra i critici della linea seguita in questi primi giorni di governo: “Finora ha sfornato casini, liti, tentativi di seminare zizzania e ambiguità con l’Europa e scontro con le ong che portano da noi i clandestini. Tutta roba ‘made in Salvini’, ‘made in Lega’. Il M5s non riesce a vedere la palla”. Ma anche un iscritto che si firma con le sole iniziali N.M. rimarca: “Adesso anche sull’immigrazione abbiamo lo stesso pensiero della Lega… mi spiegate, senza polemica, in cosa oggi il Movimento si differenzia dalla Lega?”.
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