Manovra, trattativa a oltranza con Bruxelles: tensioni tra M5S e Lega sui tagli
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Manovra, trattativa a oltranza con Bruxelles: tensioni tra M5S e Lega sui tagli

Il governo deve trovare gli otto miliardi necessari per abbassare il deficit al 2,04%. Il ministro dell'Economia Tria resterà a Bruxelles finché non si arriverà a un accordo

Giovanni Tria
Giovanni Tria
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14 Dicembre 2018 - 09.56


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Proseguono a oltranza le trattative tra il governo italiano e l’Ue sulla manovra ma nonostante le aperture del premier Giuseppe Conte, che ha offerto di tagliare il deficit dal 2,4% al 2,04%, la risposta del commissario Ue Pierre Moscovici è ancora negativa: “strada giusta, ma non basta. Intanto il ministro dell’Economia Giovanni Tria resterà a Bruxelles finché non si arriverà a un accordo.
Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno espresso “fiducia nel lavoro del premier” con un vincolo non da poco: “mantenere gli impegni e quanto promesso ai cittadini”. Ma tra gli alleati di governo M5S e Lega sono ore di tensioni e timori: ci si è spinti oltre ogni previsione, nelle “concessioni” all’Ue, ma nonostante questo c’è il rischio che non basti. La soluzione al problema di come trovare i quasi otto miliardi di tagli in manovra per abbassare il deficit, per ora è solo abbozzata: ci sono i titoli, non tutti i dettagli. All’appello mancherebbero ancora più di tre miliardi. E i vicepremier non vogliono farsene carico.
Salvini ha detto di aver fatto già la sua parte, tirando fuori oltre due miliardi da “quota 100”: si chieda al M5S. Di Maio ha replicato di non poter sottrarre al reddito di cittadinanza più di un miliardo. E così la palla viene lasciata nelle mani di Conte e Tria, lasciato a Bruxelles a trattare.
“Non ci siamo”, hanno fatto sapere nella serata di ieri fonti di governo. Un riferimento sia alla trattativa in corso con l’Ue, sia a quella tutta interna al governo gialloverde. In Europa non sembrano soddisfatti dei “capitoli” elencati da Conte: tagli alla spesa per reddito e pensioni (con cifre che oscillano tra i 3,5 e i 5 miliardi), dismissioni di immobili e azioni non meglio precisate di lotta all’evasione fiscale.
Il premier Conte punta soprattutto sull’azione diplomatica per convincere i leader, a partire da Angela Merkel, che lo sforzo per far scendere il deficit dal 2,4% al 2,04% è davvero “considerevole”. Ma la Commissione, incalzata dai falchi, vorrebbe un miglioramento strutturale, nel triennio, più forte. E starebbe chiedendo di scendere almeno a un 2% ‘tondo’ di deficit nel 2019: il che significherebbe circa 700 milioni di tagli in più.
Un’impresa quasi impossibile, per chi nel governo italiano sta già passando al setaccio le risorse. Tanto che sono in bilico promesse fatte pochi giorni fa: il taglio del 30% ai premi Inail, annunciato da Salvini e Di Maio agli imprenditori, costa troppo. Così come si fa fatica a inserire in manovra il “saldo e stralcio” delle cartelle chiesto dalla Lega e gli incentivi targati M5S alle auto elettriche.
Ma sono i tagli pesanti da fare alle due misure di bandiera a preoccupare più di tutto Di Maio e Salvini. Avevamo già ipotizzato di tagliare da 6,7 a 4,6 miliardi i fondi per ‘quota 100’ – dicono dalla Lega – ma per destinare quei soldi ad altre misure. Ora non abbiamo più margini per fare niente. Non si possono togliere 2 miliardi alle pensioni e “solo” 800mila euro al reddito di cittadinanza. E nella Lega, visti i rapporti sempre più logori tra Salvini e Di Maio, si fa largo una linea della “responsabilità”: “Diamo una mano al capo dei Cinque stelle o rischia di saltare tutto”.

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