La volgarità di Salvini viene da lontano: ecco quando associava migranti e ‘troie’
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La volgarità di Salvini viene da lontano: ecco quando associava migranti e ‘troie’

Un video del 2016, rispolverato da Gianrico Carofiglio, mostra il peggio dell'Italia salviniana: sessista e razzista

Un frame del video
Un frame del video
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Giuseppe Cassarà Modifica articolo

10 Gennaio 2019 - 21.13


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Lo scrittore Gianrico Carofiglio ha rispolverato un vecchio video del 2016, epoca in cui Salvini girava l’Italia in piena campagna elettorale per il No al referendum sulla Costituzione, in cui l’attuale vicepremier e Ministro dell’Interno si reca a Mondovì, in provincia di Cuneo, dove riceve il consueto bagno di folla.

Le immagini, che sono disponibili in una diretta Facebook di 40 minuti dello stesso ministro, mostrano (al minuto 15:44) Salvini che si fa una foto con un cartello in mano: ride leggendolo, lo mostra fiero alla camera mentre i suoi futuri elettori spintonano per un autografo del Capitano.

E cosa c’è scritto in questo cartello? “Ad Ormea i rifugiati sono una risorsa (ha detto il sig. Sindaco) lo possono testimoniare alcune troie del posto che hanno usufruito di queste risorse”.

C’è tutto in quel cartello: c’è l’Italia razzista e sessista che chiama le donne troie perché vogliono ‘usufruire’ dei neri; c’è l’Italietta machista e ridicola che ha paura solo di una invasione, quella in camera da letto, perché in fondo il maschio italiano solo con un organo del corpo riesce a pensare. C’è l’allora futuro ministro dell’Interno che tiene in mano un cartello intriso di cattiveria becera e bifolca e ride di gusto, come un bambino alle elementari con la bava alla bocca quando qualcuno dice la parola ‘tette’.

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Ecco, questa è l’Italia che ha votato Salvini. Questi sono i 60 milioni di italiani che da ieri rivendicano con orgoglio di aver votato il loro Capitano. Donne, uomini, giovani e vecchi, tutti a sottolineare che loro l’hanno voluto, lo desiderano, lo vogliono il loro bullo del liceo, che manda via i negracci cattivi che prendono il lavoro e rubano le nostre donne, pardon, le nostre troie.

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