Nonostante gli ultimi appelli Matteo Renzi ha annunciato la scissione della sua corrente dal Pd. Il suo nuovo movimento, affiancando i comitati civici di “Ritorno al futuro”, nascerà in Parlamento con un gruppo autonomo alla Camera e una componente nel misto al Senato. Garantito l’appoggio al governo dove i renziani hanno due ministri, Bellanova e Bonetti, e due sottosegretari, Ascani e Scalfarotto.
A fermare Renzi ci ha provato anche il sindaco di Firenze Dario Nardella, fedelissimo della prima ora. Ma ormai l’ex premier ha deciso: nelle prossime ore, con un’intervista ad un quotidiano, annuncerà le ragioni che lo hanno spinto a lasciare il Pd e a mollare gli ormeggi per il suo nuovo movimento. Chi gli è vicino assicura che la mossa non sarà un pericolo per il governo, anzi, “paradossalmente – aveva già garantito Renzi in un’intervista al Times – ne amplierebbe il sostegno”.
L’ex premier avrebbe assicurato lealtà a Conte. Nessun contatto, invece, spiegano al Nazareno, con il segretario Nicola Zingaretti che domenica ha rinnovato l’appello ad evitare una scissione del Pd. “C’è uno spazio politico enorme – spiega uno dei dirigenti fedeli a Renzi impegnati nell’operazione – sia nell’elettorato moderato visto l’appannamento di Berlusconi e la centralità di Salvini, sia nell’elettorato di centrosinistra perché sentir cantare ‘Bandiera rossa’ alle feste del Pd per molti elettori non è folclore e mette a disagio”.
Non tutti i fedelissimi, però seguiranno l’ex premier: Luca Lotti e Lorenzo Guerini, neo ministro della Difesa, restano nel Pd, così come Nardella e altri parlamentari. Una separazione dolorosa che Renzi ha voluto accelerare proprio per aver tempo di spiegare la decisione prima della Leopolda, dove, raccontano i suoi, si traccerà la rotta del nuovo movimento.
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