Oggi Salvini ha fatto il moralista, si è vestito del suo abitino da buon cristiano (da ex ministro e da papà, potremmo dire) e ha ringraziato la presidente del Senato Casellati per aver giudicato inammissibile l’emendamento per la cannabis legale.
L’Italia con questo tema ha un problema serio, dovuto in parte a una profonda ignoranza sul tema (è stato abbondantemente dimostrato che la cannabis legale non ha conseguenze mortali, non dà dipendenza – come al contrario fanno le sigarette, gestite dal monopolio di Stato – o l’alcool, e che nei paesi dove è legale il consumo è largamente diminuito), sia per una mai cessata confusione di confini tra lo Stato e quella criminalità organizzata che con la legalizzazione della cannabis andrebbe a perdere una vastissima fetta di mercato.
Chiunque è in grado di capire che i motivi per cui in Italia è tabù addirittura parlare di legalizzazione della cannabis pochissimo hanno a che fare con il timore reverenziale della vecchia, moralista e bigotta classe politica nei confronti del consumo di marijuana e più invece afferiscono a un mondo oscuro fatto di commistioni, spaccio e denaro sporco che chissà in quali tasche va a finire.
Ma al di là di quelle che sono semplici illazioni, una cosa rimane certa: vedere Matteo Salvini fare una tirata contro la droga (che fa il bis con quel ‘la droga fa male’ come commento alla condanna dei carabinieri che hanno ucciso Stefano Cucchi), quando quella stretta di mano – da lui mai ritrattata – con Luca Lucci, capoultrà del Milan fresco di patteggiamento per 18 mesi proprio per – indovinate – proprio spaccio di droga, fa veramente pietà.
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