Presunzione e onnipotenza portano male: ora Di Maio lo sa
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Presunzione e onnipotenza portano male: ora Di Maio lo sa

Le dimissioni un gesto provocatorio di Di Maio che rende esplicita la profondità della crisi che attraversa il movimento, l’assenza di una classe dirigente, la mancanza di una prospettiva

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Nuccio Fava Modifica articolo

23 Gennaio 2020 - 17.33


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Anche nel bene e nel male i collegamenti con la vita di ogni giorno sussistono e come spesso capita anche un leader può risultare spocchioso ed eccessivamente onnipotente anche quando è sempre inappuntabile, in giacca e cravatta. Non si astiene dall’intervenire in ogni sede e su ogni tema in modo sicuro, pacato e convincente, mostrando padronanza su tutti i problemi per i quali offre una soluzione atta a risolverli. Purtroppo anche per il politico la vita risulta presto più complicata e difficile e non basta la buona volontà e il giusto intendimento a farti procedere e raggiungere il risultato.

È accaduto così a Luigi Di Maio che ha messo in gioco tutta la sua giovane vita per fare il “capo” dei cinque stelle fino a diventare il volto e il costruttore di ogni iniziativa. Nello stesso salto della quaglia con il passaggio disinvolto al Conte 2, un cambio di prospettiva non da poco per chi si era fatto accreditare come acerrimo nemico del Pd.

Forse l’inadeguatezza maggiore è stata l’ossessione della visibilità, la presenza ininterrotta sui media, presunto deus ex machina di ogni situazione: si trattasse di Taranto o del ponte Morandi, della Libia o delle concessioni autostradali.

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Esempi significativi sui quali sistematicamente emergevano posizioni contraddittorie: la difficoltà di accordo di volta in volta prospettata dall’ex capo dei cinque stelle, seguita dalla non minore necessaria prosecuzione della alleanza di governo e della fine di legislatura. Superfluo naturalmente accennare ai battibecchi quotidiani fino ai reciproci insulti con Salvini.

Nello stesso tempo poi in cui prendi atto della insostenibilità della crisi interna e decidi dopo lunga agonia di dimetterti, che senso ha drammatizzare con “le coltellate alle spalle” e la sottolineatura provocatoria “non mollo, non ho alcuna intenzione di lasciare”.

Quindi un gesto forte e provocatorio quello di Di Maio che rende esplicito tutto il soqquadro e la profondità della crisi che attraversa tutto il movimento, l’assenza di una classe dirigente, la mancanza di una indicazione di prospettiva per il breve e lungo periodo. Anche in questo caso indicazioni potranno venire dal voto regionale di domenica ma difficoltà ed incertezze saranno certamente accresciute.

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