Sono giorni che Confindustria, il cui unico interesse è riaprire le industrie paventando scenari apolalittici per l’Italia, critica le posizioni del Governo che invece – giustamente – segue le indicazioni dei medici e persiste nel lockdown generale. Ma gli industriali trovano un alleato in Matteo Salvini, che non perde occasione per sposare la battaglia dell’economia contro la salute e per attaccare i sindacati: “Qualcuno non ha capito che siamo in tempi di guerra, siamo ancora ostaggio dei no dei sindacati, stiamo allungando i tempi della cassa integrazione” ha detto il leader della Lega al Senato per le dichiarazioni di voto in vista della fiducia.
“Lo dico oggi in Aula, sperando di non essere accusato di disfattismo” sottolinea Salvini, “la cassa integrazione per milioni di Italiani non arriva il 15 aprile come promesso del presidente del Consiglio”.
L’unico a non avere capito che siamo in guerra sembra però Matteo Salvini. Le chiacchiere stanno a zero: se si riapre il virus torna a crescere, se il virus torna a crescere moriranno tante altre migliaia di persone. Il cosiddetto ‘ostaggio dei sindacati’ altro non è che il rispetto delle indicazioni della comunità scientifica. L’unico a tenerci in ostaggio è il virus, e non c’è altro modo di sconfiggerlo se non quello di tenere chiuso tutto. Salvini, anziché lavorare per capire come evitare la catastrofe economica in accordo con il governo, preferisce fare il gioco degli industriali, condannati fortemente dalla segretaria generale della Fiom Francescas Re David: “Le pressioni di Confindustria e degli industriali sono cieche. Più dura l’epidemia, più a lungo l’economia non si riprenderà. Deve essere la comunità scientifica a dirci quando sarà il momento di riaprire”.
Per la sindacalista “le regioni del Nord sono proprio i territori in cui il disastro sanitario sta impattando di più anche perché non sono state fatte le chiusure delle imprese nell’immediato, e bergamo ne è la dimostrazione”.
Re David continua: “Se tutta la comunità scientifica ci dice che sono da evitare gli spostamenti, dobbiamo considerare che nelle regioni del Nord la mobilità è fortemente determinata dalle fabbriche. Pensare di rimettere in moto le fabbriche contemporaneamente e senza le necessarie misure per tutelare la salute e la sicurezza sul territorio oltre che nei luoghi di lavoro, significa mettere davanti il profitto. Bisogna programmare la ripartenza ma senza fare forzature come di nuovo sta tentando di fare Confindustria”.
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