Per un attimo, un attimo solo, provate ad estraniarvi dalla miseria dei giochi di palazzo, dal leggere i retroscenismi pelosi, di chi ha trascorso la sua vita professionale sui divani del Transatlantico di Montecitorio o in quelli vellutati di Palazzo Madama Per un attimo, un attimo solo, provate a immedesimarvi in quelle migliaia di esseri umani ricacciati nell’inferno dei lager libici da un ministro che sulla loro pelle si faceva campagna elettorale. Per un attimo, un attimo solo, provate a pensare come una delle tante donne, molte poco più che bambine, stuprate nei lager libici, negli uomini torturati, che pur di fuggire da quegli orrori hanno messo la loro vita nelle mani dei trafficanti di esseri umani, tentando l’avventura a bordo di un barcone sulla rotta della morte: la rotta del Mediterraneo.
Provateci, e proverete rabbia, indignazione, schifo, vergogna, per il mercimonio di voti con il quale la Giunta per le Immunità del Senato ha respinto la richiesta del tribunale di Palermo di processare Matteo Salvini reati di sequestro di persona aggravato e rifiuto di atti di ufficio per il caso Open Arms.
Statene certi, i giornali di domani saranno pieno di retroscenismi di bottega interna, con ricostruzioni di ciò che Matteo Renzi avrebbe avuto in cambio della decisione dei tre senatori di Italia Viva di non partecipare al voto. Una defezione che ha cambiato gli equilibri complessivi in commissione.
La parola finale spetterà comunque all’Aula, che entro fine giugno dovrà pronunciare il verdetto definitivo. Ma non c’è bisogno di attendere tanto per pronunciare la parola che più si attaglia a ciò che si è consumato oggi al Senato: Vergogna. Vergogna per non aver “risarcito”, almeno moralmente, con un voto, i 164 esseri umani, esseri umani, non “migranti”, sequestrati per 19 giorni, dal 1 al 20 agosto dell’anno scorso, al largo di Lampedusa. Sequestrati in condizioni igienico-sanitarie disumane.
Rileggete le cronache di quei giorni, le testimonianze, da incubo, dei sequestrati. Non è facile arrivare alla fine. Non c’è sofferenza che non abbiano patito. Non c’è umiliazione che non abbiano sofferto. E tutto questo, mentre l’allora ministro dell’Interno, nonché vice presidente del Consiglio, Matteo Salvini, si faceva vanto del suo pugno di ferro. Vergogna. E’ la parola usata da padre Alex Zanotelli, nel definire la decisione di Italia Viva sulla Open Arms. Vergogna. E indignazione. E rabbia. Che dovrebbero crescere alla lettura di quanto segue: “La tua lotta è una bella lotta. Siamo con te, Matteo”.
Così il premier ungherese Viktor Orban , l’autocrate parafascista di Budapest, si congratula su Facebook con il leader leghista dopo il voto a suo favore da parte della Giunta per le immunità del Senato. Lo rende noto lo stesso Salvini twittando la foto del cellulare di Orban con su scritto un messaggino metà in inglese, metà in italiano: “Dear friend, Congratulation. L’Ungheria è con te, Matteo! Viktor”. “Grazie di cuore – è la risposta di Salvini – all’amico premier ungherese Viktor Orban per il bellissimo messaggio”.
Se il senatore Renzi avrà modo di leggere questo messaggino, dovrebbe arrossire, almeno un po’, di vergogna. Ma forse è chiedere troppo.
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