Su Repubblica l’ex ministro interrompe il silenzio per chiedere alle istituzioni di imporre al Cairo una “partnership esigente”. Consapevole da un lato dell’assoluta necessità di una verità sull’assassinio del giovane ricercatore, dall’altra delle implicazioni geopolitiche della commessa in armi da 10 miliardi che Italia ed Egitto stanno siglando.
“L’Egitto deve farci processare chi uccise Regeni” afferma l’ex ministro dell’Interno. Perché spiega, “di fronte a una democrazia artificiosamente costretta, nel caso Regeni, all’alternativa diabolica tra scegliere i principi o gli interessi, a un’Europa inerte di fronte a un Mare Nostrum sempre meno nostro, si può e si deve rispondere in un solo modo. Con il massimo del realismo che, in politica, significa innovazione coraggiosa e pensiero lungo. L’impossibile, appunto. Che è tale solo per chi non riesce ad immaginarlo”. Su quale sia l’impossibile che Palazzo Chigi e la Farnesina non riescono a immaginare, Minniti chiarisce: “La dico in una parola: una partnership esigente con l’Egitto. Nessuno meglio di me, credo, sa che tipo di interlocutore sia Al Sisi e quanto sia strategico nel Mediterraneo il rapporto con il Cairo. E tuttavia, il trasferimento di sistemi d’arma per 10 miliardi non è una questione tecnica. È un passaggio di estrema rilevanza politica e diplomatica”.
Rilevanza politica, “perché intorno al sequestro e all’omicidio di Giulio Regeni, al dolore composto e combattivo della sua famiglia, si è coagulato quello che io chiamo lo spirito pubblico del nostro Paese. E questo spirito pubblico, dall’inizio di questa vicenda, ha imposto una rotta non negoziabile: subordinare ogni nostro passo politico-diplomatico a un passo del Cairo nella direzione della cooperazione giudiziaria”. Questa cooperazione con l’Egitto, aggiunge Minniti, “ha consentito di formulare un’ipotesi accusatoria a carico di uomini degli apparati di sicurezza egiziani che impone al Cairo una risposta. Una risposta che metta la nostra magistratura nella condizione tecnico-giuridica di esercitare la propria giurisdizione nei confronti degli indagati. Ad esempio disponendone il processo, affinché venga data risposta a una imprescindibile domanda di verità e giustizia”.
Rilevanza diplomatica, perché Egitto vuol dire Haftar nel conflitto libico e “in questo momento ogni mossa ha implicazioni che possono rivelarsi esiziali. Quello che voglio dire è che sconsiglierei di dare anche solo l’impressione di un’Italia che si muove in uno schieramento anti-turco. Sarebbe miope”. Per la Libia serve più Europa, perché “l’Italia da sola non può farcela” e un “progetto di pace credibile”, prosegue Minniti, che “non escluda, se richiesto, anche un impegno militare sul terreno”.
Capitolo decreti Sicurezza. Minniti entra a gamba tesa: “Vanno modificati. Subito. E non un po’. Radicalmente”. Questo, conclude, “non è un segnale da dare alla sinistra, è un segnale da dare all’Italia”.