Borghezio critica Salvini: "L'alleanza con l'ipercentralista Le Pen ci ha resi marginali"
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Borghezio critica Salvini: "L'alleanza con l'ipercentralista Le Pen ci ha resi marginali"

L'ex parlamentare europeo su posizioni di estrema destra fa il punto della politica estera: "Dobbiamo difendere i movimenti che difendono l'identità"

Mario Borghezio con a fianco il fascista di CasaPound di Stefano
Mario Borghezio con a fianco il fascista di CasaPound di Stefano
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12 Ottobre 2020 - 17.52


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Una ‘lite’ tra estremisti di destra, senza dimenticare che Borghezio è quello che organizzata azioni razziste contro gli stranieri, è andato ad omaggiare un personaggio oscuro della repubblica come Stefano Delle Chiaie e tante altre nefandezze.
La Lega è “vicina ai bavaresi”, non al Rassemblement National di Marine Le Pen, la quale ha una visione “ipercentralista”, che con le idee del Carroccio “c’entra come i cavoli a merenda”. Legandosi al partito nazionalista francese, la Lega si è condannata “all’irrilevanza” in Europa, mentre dovrebbe riprendere la sua bandiera storica, quella del federalismo, che viene invece “rinnegata” dai vertici attuali.
Lo ha detto alla vigilia della riunione romana degli eurodeputati del Carroccio per fare il punto sulla collocazione in Europa del partito, è il leghista Mario Borghezio, europarlamentare dal 2001 al 2019.
Per Borghezio, la Lega “deve rafforzare e riappropriarsi della sua funzione storica, che è quella della rappresentanza, a livello internazionale, dei movimenti che difendono l’identità, ma anche l’autonomia e l’indipendenza. E indubbiamente fra la signora Le Pen e i bavaresi, la vicinanza dottrinale è più con i bavaresi. E di questo – sottolinea – la Lega del 2020 deve prendere atto”.
E questo, continua, “non perché il Rassemblement National sia un partito che fa schifo, ma perché la mission della Lega in Europa non coincide con la visione ipercentralista della signora Le Pen, che con le nostre idee c’entra come i cavoli a merenda”.
L’estrema destra francese non è sempre e solo stata ipernazionalista e comprende anche partiti regionalisti come il Mouvement Normand, l’Alsace d’Abord e i bretoni di Adsav: “All’inizio, parlo di trent’anni fa”, alle manifestazioni della destra francese “sembrava di essere a Pontida, perché c’erano le forze regionaliste, i bretoni…ma questo patrimonio è stato ibernato dalla signora Le Pen, che ha una visione politica totalmente diversa, che non giudico, ma è altra dalla nostra”.
Borghezio, uno degli esponenti leghisti più interessati ai rapporti internazionali, tentò a suo tempo di favorire un’alleanza del partito, allora guidato da Umberto Bossi con il Pis polacco, oggi architrave del gruppo Ecr in cui siede Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. L’erede della destra tradizionale italiana, paradossalmente, nel Parlamento Europeo sta in un gruppo posizionato ‘a sinistra’ della Lega, grazie ad un’operazione pazientemente tessuta da Raffaele Fitto, copresidente degli eurodeputati Ecr.
“Fui latore – ricorda Borghezio – di una proposta molto calda che veniva dall’allora presidente della Repubblica della Polonia”, che era Lech Kaczynski, morto il 10 aprile del 2010 in un incidente aereo a Smolensk, in Russia, fratello gemello dell’attuale leader del Pis, Jaroslaw Kaczynski. “Era una decina di anni fa: la cosa non venne capita e venne bloccata”.
A fermare l’alleanza con la destra nazionalista polacca, risulta all’Adnkronos, fu il cosiddetto ‘Cerchio magico’ che allora circondava Umberto Bossi, dopo l’incidente del 2004. La proposta, ricorda Borghezio, “non venne neppure esaminata. Forse i tempi non furono ritenuti maturi, ma fu un errore gravissimo, perché le idee identitarie della Lega potevano entrare dalla porta principale nella fortezza Europa”.
Se fosse andata in porto, l’alleanza con il Pis dei Kaczynski avrebbe cambiato “la storia della nostra presenza in Europa. Naturalmente, è facile affermarlo con il senno di poi. Però un movimento come la Lega viene premiato quando tiene duro sulle sue idee fondatrici” e invece “delude quando, per acchiappare qualche consenso, si converte ad una dottrina” diversa dalle sue posizioni tradizionali. “E noi avevamo nel nostro bagaglio culturale il federalismo, che i vertici attuali purtroppo sembrano rinnegare”.
Invece, continua Borghezio, “il connubio con il lepenismo di Marine Le Pen ci ha condannati all’irrilevanza. Oltre a snaturare la vocazione fortemente autonomista, ci ha allontanati dalla nostra visione dell’Europa delle identità. Ci ha schiacciati in una posizione di irrilevanza, se non di ostracismo ideologico. Perché – nota – la signora Le Pen non ha certamente abbandonato gli aspetti più negativi per la nostra visione, che sono lo statalismo e il centralismo, con i quali noi non ci riconosciamo”.
Per Borghezio, comunque, non è indispensabile che gli eurodeputati leghisti abbandonino il gruppo Identità e Democrazia: “Credo – afferma – che queste cose vadano gestite con equilibrio, con passaggi successivi. E il gruppo attuale ha un programma che consente di prendere le posizioni che si vogliono. Il problema è che la Lega fino adesso non lo ha fatto: dovrebbe immediatamente correggere il tiro su molte cose e rivendicare fortemente le nostre battaglie in difesa delle libertà e delle identità”.
L’ultima battaglia che Borghezio ha cercato di sostenere “in tutte le maniere è stata quella in favore della Catalogna. Sono stato l’unico ad andare là con quelli che aspettavano l’apertura delle urne per votare sull’indipendenza. E quando sono venuti a Bruxelles gli oltre cento sindaci con i bastoni, c’ero solo io e c’erano i fiamminghi. Bisogna tenere conto – sottolinea – che nel gruppo ci sono forze identitarie come noi, come i fiamminghi del Vlaams Belang, che non hanno mai rinnegato l’indipendentismo. E sono tutt’altro che statalisti”.
Per l’ex eurodeputato leghista, Giancarlo Giorgetti “indubbiamente ha avuto il coraggio di lanciare il sasso nello stagno. Bisogna vedere se l’attuale Lega, compreso Giorgetti, ha veramente il coraggio di rimediare a queste incongruenze e di riprendere la via giusta. Per fare questo ci vuole una virtù, che hanno solo i politici che se ne fottono delle poltrone e degli interessi personali, che si chiamano idealisti e tengono fede alle loro convinzioni di fondo, indipendentemente dai vantaggi personali. E questi – conclude – si fanno rari”.

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