Il professor Andrea Crisanti il 21 ottobre scorso ha comunicato alla Regione Veneto i risultati di uno studio sul test rapido antigenico Abbott, condotto insieme al reparto malattie infettive e al pronto soccorso dell’ospedale di Padova.
Secondo i risultati dello studio i test rapidi non riconoscerebbero 18 infetti su 61, evidenziando “una sensibilità di circa il 70%, inferiore a quella dichiarata” dalla Abbott. In pratica, secondo Crisanti, con il test rapido 3 positivi su 10 potrebbero risultare negativi e continuare a diffondere l’infezione senza alcun controllo.
Lo studio è stato condotto su una platea di 1593 pazienti e i risultati discordanti non riguardano solo soggetti con una bassa carica virale, rispetto ai quali è noto che i test rapidi avrebbero una scarsa sensibilità: «Tra i campioni risultati negativi al test antigenico — sottolinea Crisanti — vi sono ben 6 casi di pazienti con carica virale molto elevata», i famosi super-spreaders o comunque possibili super diffusori. Tanto che la virologia di Padova ha deciso «in autotutela di non emettere più referti negativi» basati su quei test rapidi.
E c’è di più, fa sapere sempre l’articolo: anche nella Regione Lazio, dove i test antigenici sono ormai sdoganati, un documento dello Spallanzani getta dubbi ancora più gravi sull’efficacia dei tamponi rapidi, questa volta Sd Biosensor: il test “Standard Q Covid-19 Ag” ha riportato una sensibilità bassissima, del 21,95%, nettamente inferiore a quella dichiarati nel foglietto illustrativo del produttore, superiore all’80%.
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