“Se Renzi avesse non dico un barlume di senso dell’etica pubblica ma di decenza, si dovrebbe dimettere da senatore. Ma costui la decenza non sa dove sia di casa”. A sostenerlo, nell’intervista concessa a Globalist, è il professor Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, una “coscienza critica” della sinistra che non ha mai avuto peli sulla lingua o interessi di bottega da coltivare. Una voce libera, cosa sempre più rara nell’Italia d’oggi. Professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia (Dedalo Edizioni), Tra i suoi libri, ricordiamo: Fermare l’odio (Laterza); Il sovversivo. Concetto Marchesi e il comunismo italiano (Laterza); Il presente come storia; Europa gigante incatenato (Dedalo), e il recentissimo La metamorfosi (Editori Laterza), sulla storia del Pci nel centenario della sua fondazione.
Professor Canfora, ma un Paese che si vuole normale, può accettare che un senatore della Repubblica, nella fattispecie Matteo Renzi, sia nel libro paga di uno Stato straniero, che peraltro fa spregio dei diritti umani ed elimina barbaramente dissidenti come Jamal Khashoggi, qual è l’Arabia Saudita?
E in particolare di un principe ereditario additato come criminale. Questo è abbastanza sconvolgente. In questa miserevole vicenda c’è un punto numero uno e un punto numero due….
Andiamo per ordine. Punto numero uno…
Un senatore della Repubblica non ha bisogno di uno stipendio supplementare. Anzi, dovrebbe ricordarsi che i politici più rispettati sono coloro i quali vengono definiti, dall’antichità classica fino al XVIII secolo, “incorruttibili”, cioè che non inseguono il denaro. Questo è un punto fermo. Potremmo citare la definizione che dà Tucidide di Pericle: perché è autorevole? Perché non riceveva doni. Mentre Renzi riceve uno stipendio, per giunta lauto. Lui non so se sappia chi è Pericle ma si può informare facilmente.
Passiamo al punto due…
E’ con chi hai a che fare. Uno Stato oscurantista, guerrafondaio, autore di un genocidio nello Yemen, che fa letteralmente a pezzi i suoi oppositori. Cose orride, documentate, che superano anche la più elementare decenza. E questo ci porta al punto numero tre…
Vale a dire?
La persona con cui egli ha stabilito questo rapporto, che è imbarazzante già soltanto a ricordarlo, per quel che ha fatto e per la denuncia ufficiale della responsabilità che ha avuto in quel crimine efferato, fatta da un organismo sicuramente non di palato raffinatissimo come la Cia. A questo punto la cosa che Renzi può fare è dimettersi da senatore. Lo impone una parola: “decoro”. Questa parola figura dentro la nostra Costituzione come caratteristica necessaria dell’uomo politico. Chi fa il parlamentare, il ministro etc., deve farlo con dignità e decoro, dice la Costituzione. Sulla dignità stendiamo un velo pietoso, ma il decoro è proprio il minimo sindacale. Uno che va a parlare del “Rinascimento saudita” con il mandante di un assassinio, ha violato il decoro alla grande. E’ piombato nella condizione di incostituzionalità. Forse sarebbe bene raccogliere firme perché egli si dimetta immediatamente.
Facendo ricorso ai suoi studi di grande storico, quando lei ha letto che, in occasione dell’intervista al principe ereditario Mohammad bin Salman, Renzi ha parlato, con entusiasmo manifesto, di un “nuovo Rinascimento” saudita avviato da MbS, che reazione ha avuto?
Che dire: ho trasecolato. Il vaneggiato “Rinascimento” saudita è pari al famoso “rinascimento” dell’Antartide ad opera dei locali pinguini. Messi sullo stesso piano.
Non ritiene che in questa vicenda entri anche il Governo italiano? E’ una cosa tranquilla, pacifica, per il nostro ministro degli Esteri che un senatore della Repubblica interagisca in questo modo con il presunto mandante del barbaro assassinio di Jamal Khashoggi?
Il ministro degli Esteri attuale, peraltro riconfermato addirittura in un Governo che si vuole di “alto profilo”, effettivamente qualcosa l’ha detta in proposito, ma nessuno lo piglia sul serio. Come è stato detto più volte negli show televisivi, il vero ministro degli Esteri italiano è Draghi. La cosa è un po’ offensiva per il giovanissimo Di Maio, ma lui evidentemente si lascia insultare liberamente. E Draghi non solleverà mai un problema del genere contro Renzi, al quale deve la carica che ricopre.
Spesso si evocano i diritti umani, versando lacrime di coccodrillo quando avviene qualche tragedia in mare o cose simili. Ma fuor di retorico, i diritti umani non sono i grandi assenti nella politica europea e italiana?
Certamente. I diritti umani sono adoperati, stupidamente, a corrente alternata, quando si tratta di vituperare Paesi che la Nato considera nemici. Ogni tanto hanno qualche delusione a riguardo. Hanno puntato sulle manifestazioni di Hong Kong per mesi e mesi, sperando disperatamente che ci scappasse il morto. Cosa che non è avvenuta. I nostri “coccodrilli” erano pronti al pianto e hanno dovuto ricacciare indietro le lacrime. Negli Stati Uniti, invece, questa estate abbiamo assistito a mostruosità, ammazzamenti e peggio dicendo, ma nessuno si è guardato bene di proporre sanzioni agli Stati Uniti d’America per avere ammazzato una serie di manifestanti o di semplici cittadini nella loro automobile….
Anche su questo, dunque, ci sono due pesi e due misure…
A corrente alternata, ipocrisia assoluta, strumentale. Ma ormai ci credono soltanto i gonzi. E il tipo di propaganda autoreferenziale che convince colui che la esprime ma che non convince più nessuno.
Lei che è un grande storico, che ha studiato e scritto su tanti personaggi che hanno occupato, nel corso dei secoli, la scena politica, come descriverebbe Matteo Renzi, anche alla luce della vicenda saudita?
Nel Bellum Iugurthinum di Sallustio, una monografia molto efficace, viene descritto quanto segue: una serie di senatori della Repubblica romana, torniamo al Senato, dunque, erano sul libro paga di Giugurta, un criminale che aveva ammazzato i suoi rivali sul trono di Numidia. Questi senatori, poiché pagati da Giugurta, boicottavano la guerra che Roma intendeva fare contro Giugurta per quello che aveva combinato violando gli accordi con la Repubblica romana. Quindi, i senatori romani amici di Giugurta sono sullo stesso piano, e viceversa, di Matteo Renzi amico del principe ereditario saudita. Il denaro correva allora e corre adesso. Lo inquadriamo nel Bellum Iugurthinum, e tutto sommato per lui è quasi gratificante. Renzi, l’amico di Giugurta.
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