Rosa Calipari: “La legge sul Copasir l'ho riscritta io, la presidenza spetta a Fratelli d'Italia"
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Rosa Calipari: “La legge sul Copasir l'ho riscritta io, la presidenza spetta a Fratelli d'Italia"

L'intervista di Antonello Sette a Rosa Villecco, vedova Calipari, uscita dalla scena politica in cui era entrata dopo l'assassinio in Iraq del marito Nicola Calipari

Rosa Calipari
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13 Aprile 2021 - 12.31


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di Antonello Sette 

Rosa Villecco, dopo tanti anni di impegno politico in Parlamento e dirigenziale nella Pubblica Amministrazione, lei è uscita dalla grande scena in cui era stata catapultata anche per la sua vicenda privata, legata all’assassinio in Iraq di suo marito Nicola Calipari. Mi può spiegare come le appare oggi la politica vista, come dire, dal di fuori?

Tornare alla mia vita privata da una parte è stato un bene, dopo tanti anni di passione politica e amministrativa, ma anche di una sovraesposizione legata alla mia vita privata – osserva l’ex parlamentare del Pd rispondendo all’Agenzia SprayNews – Sono caduti i rami secchi, come accade in questi casi. Sono spariti in tanti, anche quelli che mi avevano subissato di telefonate a tutte le ore del giorno e della notte. Sono rimasti gli affetti veri, i figli, le amiche e gli amici di prima, di durante e di dopo. La vita che non ha mai smesso di battere e di girarmi intorno. Stavo pensando, comunque, a inventarmi qualcosa per tenere in allenamento la mia mente, ma poi è arrivato il Covid . Il Covid mi ha chiuso in casa, ha steso una bolla intorno a me e, immagino, intorno a tutti noi. Per chi poi, è un soggetto vulnerabile in quanto immunodepresso, il lockdown è necessariamente ancora più rigido e riguarda da vicino anche i miei figli che sono molto preoccupati per la possibilità di poter contagiare la loro mamma. Questo è un aspetto della pandemia che credo sia stato molto sottovalutando. Ho sentito di giovani che hanno infettato i loro genitori e che alcuni di loro sono poi morti. La pandemia sta incidendo tantissimo, anche se non ne parla nessuno, nella vita quotidiana delle famiglie. La tutela della salute dei propri genitori può essere a volte molto castrante ed è angoscioso pensare allo stato d’animo di chi ha, suo malgrado, causato il contagio e la morte del proprio padre o della propria madre. Siamo tutti come sospesi e siamo tutti psicologicamente stanchi per una situazione che non finisce e che sembra senza una via d’uscita. La questione dei vaccini si sta trascinando a dismisura, anche se vivo in una Regione molto virtuosa, come il Lazio, dove tutto sta procedendo molto meglio che altrove. E mi faccia per questo ringraziare il Presidente Nicola Zingaretti e l’Assessore alla Sanità Alessio D’Amato.

Che cosa non le piace del mondo che gira intorno al Covid e alle bolle dentro cui viviamo in uno stato di sospensione?

C’è stato, e c’è ancora, il peso psicologico aggiuntivo della comunicazione. Non parlo solo di quella politica, ma anche, nello specifico, dei giornalisti. Capisco che la comunicazione non possa evitare né di parlare del Covid né di dar conto del bilancio mostruoso e pesantissimo di morti, ma una cosa è informare, un’altra la ripetizione ossessiva delle cose già dette in tutti i telegiornali e in tutti i programmi televisivi. E’ un aggravio di preoccupazione, di ansia e, in molti casi, di disperazione, che si propaga con effetti la cui gravità non è ancora calcolabile. Tante persone, che avevano un equilibrio psicologico normale, sono ora prigioniere di stati d’ansia che non riescono più a governare. Per non parlare dei giovani. Non vite, ma adolescenze sospese, tempi di vita che non recupereranno mai più. Bisognerebbe che si aprisse una riflessione nel mondo della carta stampata e, soprattutto, in quello della televisione. L’informazione dovrebbe essere calibrata in maniera più oculata responsabile. Non c’è ogni sera una notizia nuova che giustifichi lo stesso teatrino, con i virologi e i politici di turno, i direttori di giornali che dicono l’uno il contrario dell’altro e l’immancabile polemica fintamente fresca di giornata. Anche perché è chiaro a tutti che è la situazione molto complicata, che il Governo italiano non è il primo responsabile e che, se è vero che ci sono stati errori a livello europeo nella scrittura dei contratti con le multinazionali del farmaco, è anche vero che senza quei contratti “maldestri”, ci sarebbero ora ancor meno vaccini. Quindi, come all’inizio, ha fatto Mario Draghi meno conferenze stampa, più silenzio, più interventi mirati nei momenti cruciali. Notizie certe. Informazioni che non siano da rettificare o, peggio ancora, da annullare. “Abbiamo vaccinato tutti gli ottantenni: Abbiamo vaccinato tutti i settantenni, Ora passiamo a…”. Questo e non altro vorrei sentir dire. Notizie certe che mettono un punto e aprono una prospettiva. Una prospettiva serve, perché la pandemia sta provocando ferite devastanti nel tessuto economico e sociale del Paese.

Veniamo alla politica più ente detta. Sulla Presidenza del Copasir imperversa una polemica fra Fdi e Lega. Chi ha ragione?

Mi pregio di aver collaborato alla riscrittura della legge sull’intelligence, che vuole garantire un contrappeso e riserva, quindi, la Presidenza del Copasir all’opposizione. Il precedente di Massimo D’Alema, che rimase Presidente nonostante noi fossimo al Governo e la Presidenza spettasse, quindi, alla Lega, mi sembra mal posto perché la scadenza del mandato era inferiore all’anno e perché si trovò allora un accordo politico.

Quindi?

Quindi, se le due forze in contrasto, Fdi e Lega, non trovano un diverso accordo politico, la Presidenza va assegnata senza ombra di dubbio alcuna a Fratelli d’Italia.

Come sa meglio di me e come è ormai di dominio pubblico, sul controllo mondiale dei vaccini è in atto una vera e propria guerra fra le grandi multinazionali del farmaco e i Paesi a cui direttamente o indirettamente fanno riferimento. Così, dopo gli strali contro Astrazeneca, ora è in corso un bombardamento a favore del vaccino russo, che si chiama Sputnik, un nome perfetto per una guerra stellare. Le domando se in questo scenario di perversa globalizzazione, non sarebbe auspicabile un rafforzamento del Copasir, anziché un suo ridimensionamento e una sua marginalizzazione?

Anche l’Aise, ovvero il Sistema di Informazione per la sicurezza della Repubblica, ha evocato lo spettro di una guerra in corso per il controllo dei vaccini. Il Copasir in questa fase può essere molto importante e utile. Certo, implicato come è nelle vicende che riguardano la sua leadership politica, forse potrebbe non avere in questo momento tutta la capacità di gestione di cui avrebbe bisogno. Per fortuna abbiamo un’autorità delegata del valore di Franco Gabrielli e possiamo, quindi, ragionevolmente credere che il flusso informativo utile stia continuando ad arrivare al Presidente del Consiglio consentendogli così di gestire nel migliore dei modi, la complessa e delicata situazione che si è venuta a creare.

Che cosa la fa più arrabbiare?

Sono una donna che governa la rabbia. Posso dirle che mi dà fastidio questa incessante lente di ingrandimento sul Presidente del Consiglio di turno. Mi dà fastidio, ora in particolare, che non diano la possibilità al Presidente Draghi di muoversi e agire secondo la tempistica che si è dato. E’ un susseguirsi ininterrotto di “che dice Draghi?”, “che pensa Draghi?”, “che fa Draghi?”. Una fastidiosa filastrocca tipicamente italiana. A un premier dovresti dare il tempo che necessita per ciascuna cosa. A un premier, peraltro, costretto a governare con il peso di una pandemia devastante, dei vaccini che scarseggia, della più grande crisi economica e sociale del dopoguerra. Con con un livello di disoccupazione che ha trasformato l’Italia in una grande Calabria.

Mi spieghi meglio…

Sono calabrese e vengo da una famiglia che si è sempre battuta, a tutti i livelli, per risollevare le sorti della nostra Regione. Noi eravamo il fanalino di coda con un tasso di disoccupazione che arrivava alla percentuale record del 37 per cento. Ora l’Italia intera è diventata il fanalino che eravamo noi. Ora quel 37 è il drammatico indice di una Paese che rischia la deriva. Bisognerebbe pensare a questo prima di tormentarsi e tormentarci su quello che pensa e che fa Draghi. Pensare all’Italia che è e quella che verrà, quando questo maledetto virus scomparirà dalla faccia della Terra, piuttosto che seguire ossessivamente Draghi in ogni istante della sua vita. Come se fosse il protagonista del più stucchevole dei reality e non il premier di un Paese sull’orlo del baratro, a cui deve restituire una prospettiva e una speranza. Di futuro.

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