La fine dell’esperienza “giallorossa” non è andata proprio giù all’esponente del Pd Goffredo Bettini, tessitore instancabile dell’alleanza fra Pd e 5 Stelle di cui Conte era la panacea.
In un’intervista ha affermato che contro Conte è stata tesa una trappola, o, per dirla con le sue stesse parole, un complotto.
Oggi ha fatto una retromarcia, negando di aver parlato di “complotto contro Conte”, ma ripetendo che il governo giallo-rosso è stato fatto cadere con un “bombardamento” sollecitato da alcuni “interessi”, che andavano “al di là di Renzi”.
Presentando il manifesto delle sue “Agorà”, Bettini ha spiegato: “Non devo portare prove, non sono uno 007.
Ma “è l’abc di ogni visione – non dico neanche marxista – accorgersi che la politica è mossa da interessi. Capisco che le grandi multinazionali, i grandi interessi internazionali, certe tecnocrazie che viaggiano in una dimesione totalmente esterna al mondo sono disinteressate.
Lo capisco! C’è chi ha questa idea… Ma io penso che questa analisi sia sbagliata”.
Per Bettini è un dato di fatto “che ci siano gli interessi, la corposità degli interessi.
Una società è fatta di questo. La politica deve saper individuare questi interessi. Non si tratta del complotto.
In Cile, nel 1973 c’è stato il complotto.
Non c’è stato nessun complotto, ma a un certo punto era chiaro che c’è stato un bombardamento sul governo Conte II che andava molto al di là dei suoi difetti, che pure ci sono stati.
Perché appunto si muovevano degli interessi a cui questo interesse non corrispondeva: troppo mezzogiorno e poco nord? Troppa spesa sociale pochi investimenti sul digitale per le grandi industrie? Non lo so.
Magari Conte aveva un taglio di capelli che dava fastidio a una certa categoria di barbieri. Ma c’erano degli interessi perché la campagna è stata sproporzionata rispetto agli errori”.
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