La candidatura di Virginia Raggi e quel 'pasticciaccio' politico al Campidoglio
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La candidatura di Virginia Raggi e quel 'pasticciaccio' politico al Campidoglio

Le difficoltà maggiori saranno per il nuovo segretario Letta troppo appiattito nel dialogo con l’ex presidente Conte illudendosi di riuscire a favorire un mutamento radicale nella impostazione dei grillini

Giuseppe Conte e Virginia Raggi
Giuseppe Conte e Virginia Raggi
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Nuccio Fava Modifica articolo

11 Maggio 2021 - 16.59


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Forse è il sindaco Raggi la principale protagonista di questo pasticcio con la sua ricandidatura a sindaco, anticipata  in solitaria dopo aver dichiarato che intendeva non ripresentarsi. 

Ma la politica di questi tempi è ricca di mutazioni che in altre stagioni sarebbero parse inconcepibili. Si pensi ai governi Conte uno- due e allo stesso rapido mutare dello stesso Pd che dalla dichiarata incompatibilità con i 5stelle ne è diventato in poche settimane l’alleato strategico preferito. Proprio questo aspetto nonostante il positivo cambio di segreteria al Nazareno, rende più problematica e controversa la candidatura solitaria del sindaco uscente. 

Solitaria anche perché all’interno dello stesso frastagliato e ricco di contrapposizioni movimento, l’auto candidatura della Raggi non sembra godere di consensi entusiastici anche se una sua funzione tattica-elettorale potrebbe essere avvalorata dalla clamorosa uscita a sostegno dell’ex presidente Conte. Un sostegno però che inevitabilmente può rivelarsi una debolezza per i 5stelle che non trovano pace e presentano con evidenza lo stesso sforzo di Conte quale grande pacificatore e riunificatore delle varie anime del movimento destinato fino ad ora soprattutto ad un generale insuccesso. 

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Addirittura si potrebbe ritenere la stessa proclamazione in favore del sindaco di Roma un tentativo per forzare i 5stelle in direzione di una ricomposizione unitaria. Ma la politica non è solo fatta dai problemi e dalle difficoltà del proprio schieramento, contano non meno le alleanze che si riescono a prospettare almeno per un medio periodo e immaginando anche le conseguenze auspicabili nei risultati elettorali. La scelta a proposito della Raggi ha già di fatto andare in frantumi l’ipotesi di una candidatura condivisa per la scelta del sindaco a Torino con la conseguenza di rendere precaria tutta l’ipotesi di lavoro tra 5stelle e Pd circa l’intesa da promuovere anche come scelta politica per il dopo governo Draghi e come base di accordo praticabile per la stessa successione al Quirinale. 

La nuova situazione lascia particolarmente scoperto il nuovo gruppo dirigente del partito democratico che nella situazione attuale non può certo immaginare interlocutori nel centro destra.  Immaginando qualche attenzione sul lato di Forza Italia dove però il maggiore sostenitore di una posizione meno estremizzata tra Fratelli d’Italia e Lega, cioè Silvio Berlusconi, appare intenzionato a giocare soprattutto il ruolo di mediatore europeista di uno schieramento altrimenti del tutto incapace di governo credibile e decentemente presentabile a Bruxelles.
Nell’immediato le difficoltà maggiori saranno per il nuovo segretario Letta troppo appiattito fin dall’inizio nel dialogo con l’ex presidente Conte illudendosi di riuscire a favorire un mutamento radicale nella impostazione dei grillini, incapaci però di scegliere per quanto dolorosa sia un cambiamento per il passaggio dal movimentismo della protesta e dall’orgoglio identitario alla responsabilità di governo in Italia ed in Europa.                   Resterebbe infine una considerazione, quasi a nota di pagina, del perché il Pd ha sempre ignorato l’esperienza e la disponibilità di Carlo Calenda che pure per molti aspetti avrebbe potuto rappresentare una interlocuzione ed una presenza qualificata in una situazione come quella di Roma capitale.   

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