E’ arrivata questa mattina la sentenza contro uno dei terroristi arrestati in Francia.
È stata dichiarata “estinta” per prescrizione la pena di 16 anni e 11 mesi che avrebbe dovuto espiare Luigi Bergamin, 73enne ex militante dei Proletari armati per il comunismo che si è costituito in Francia dopo il blitz delle forze dell’ordine del 28 aprile che ha portato all’arresto in totale di nove ex terroristi degli Anni di Piombo, ora in libertà vigilata.
Lo ha deciso la Corte d’Assise di Milano accogliendo il ricorso dell’avvocato Giovanni Ceola, con un provvedimento che avrà effetti sul procedimento francese in vista dell’eventuale estradizione dell’ex Pac.
Una decisione che, tra l’altro, arriva dopo la prescrizione della pena anche per il decimo terrorista, ancora latitante, l’ex brigatista Maurizio Di Marzio, che a Parigi gestisce da anni un noto ristorante in centro.
Intanto, la Corte milanese sul caso Bergamin, condannato in via definitiva nel ’91 per concorso morale negli omicidi commessi da Cesare Battisti del maresciallo Antonio Santoro e dell’agente Digos di Milano Andrea Campagna, avvenuti nel ’78 e ’79, si è basata su una norma precisa: decorsi 30 anni da una sentenza irrevocabile che infligge una pena temporanea, ossia non l’ergastolo, se mancano determinate condizioni, viene meno “l’interesse dello Stato all’esecuzione della stessa”.
“Se i giudici ritengono di aver applicato la legge non ho nulla da dire, ma è la legge che è sbagliata”, ha commentato a caldo Maurizio Campagna, fratello di Andrea.
Lo Stato, ha aggiunto, “dovrebbe tutelare il sacrificio” dei suoi servitori che hanno “pagato con la vita e sono stati uccisi” da persone che “volevano sovvertire” l’ordine politico e sociale.
Per la Corte (due togati, Mannucci Pacini e Simi De Burgis, e i giudici popolari) sono “trascorsi non solo più di quarant’anni dai gravissimi fatti di reato” ma “soprattutto più di trenta anni dall’irrevocabilità della pronuncia di condanna” e l′8 aprile scorso, come aveva fatto notare la difesa, è “ormai decorso il termine massimo previsto”.
Per l’avvocato Ceola, “l’ordinanza è giusta perché applica correttamente il diritto”.
I giudici precisano pure che la sentenza del ’91, su cui la difesa di Bergamin ha sollevato incidente di esecuzione, è “l’unica” tra quelle a carico dell’ex Pac per cui non era ancora stata dichiarata “se non in parte, l’estinzione della pena originariamente individuata in 27 anni”.
E chiariscono che si può derogare al principio secondo il quale dopo 30 anni non si esegue più la pena temporanea, nel caso “ricorra una particolare condizione di pericolosità sociale del condannato o intervenga una sua nuova condanna per reato della stessa indole”.
Oppure, se dopo il verdetto definitivo, ci sia stato un “atto di esecuzione della pena”, come un arresto.
Nessuna delle condizioni si è verificata in questo caso. E la “delinquenza abituale” dichiarata per l’ex terrorista il 30 marzo dalla Sorveglianza, scrive la Corte, “non è divenuta definitiva” prima della prescrizione scattata l′8 aprile. La difesa, in più, il 14 aprile ha impugnato quel provvedimento (udienza fissata per l′8 giugno).
La Procura, tra l’altro, osserva la Corte, nel chiedere il rigetto dell’istanza della difesa non ha allegato “cause di interruzione del termine di estinzione della pena”, ma ha “insistito a richiedere la revoca e modifica di precedenti provvedimenti” di “applicazione dell’indulto e di dichiarazione parziale di estinzione dei reati”. Di conseguenza chiedeva che la pena fosse ricalcolata e aumentata di due anni.
Per i giudici, invece, una modifica di “questi provvedimenti” sarebbe in ogni caso “ininfluente”, dal momento che la pena complessiva, pur tenendo conto degli aumenti, sarebbe sempre “temporanea” e quindi scatterebbe comunque la ‘regola dei 30 anni’.