Il leader delle Sardine, Mattia Santori, accusa Salvini di essere un finto leone da tastiera e di aver creato una gogna mediatica nei suoi confronti.
”Ieri abbiamo lanciato il cannabis tour e scoperto che per molti politici italiani, uno in particolare, il nostro tour al sapore di cannabis e legalità sarebbe stravagante.
Perché ci sono altri problemi. Perché la droga fa male. Perché siamo dei figli di papà e blablabla. La verità è che chi oggi si finge leone (da tastiera..) è in realtà uno struzzo con la testa sotto la sabbia”.
Un riferimento a quanto successo in rete dopo le parole dello stesso Santori, che ha ribadito come “la legge sulla cannabis, lo ius soli e il ddl Zan siano norme di civiltà, per cui il paese reale è pronto”. Parole stigmatizzate in rete dai fan del leader leghista, che in migliaia hanno attaccato Santori, con accuse, sberleffi, e inviti al suicidio.
Salvini, replica Santori, “è talmente occupato a sfuggire le questioni spinose da non accorgersi che la cannabis è legale in 17 Stati americani, in Uruguay e in Canada, che l’autocoltivazione è depenalizzata in gran parte dell’Occidente e che il proibizionismo non paga, anzi presenta un conto salatissimo, in termini di violenza, ingiustizia e discriminazione”.
“Se Salvini sapesse che ogni anno una decina di adolescenti preferiscono la morte o l’isolamento in seguito a una sentenza o a un fermo per possesso di cannabis riderebbe meno – aggiunge Santori – . Se sapesse che per un malato di artrite reumatoide o per un paraplegico rifornirsi di cannabis terapeutica è una corsa a ostacoli farebbe meno il burlone. Se spiegasse ai suoi elettori che per colpa del proibizionismo oggi i figli adolescenti degli italiani per procurarsi uno spinello devono rivolgersi alla malavita e a pusher sconosciuti forse avrebbe meno cuoricini sotto i suoi tweet”.
“Qualcuno, di grazia, spieghi a questo signore che negli anni Venti l’alcool negli Stati Uniti era vietato, ma che si beveva lo stesso, si beveva peggio, si beveva in maniera sconsiderata. Noi saremo stravaganti, ma almeno non aspettiamo il consenso dell’elettorato per decidere da che parte stare della Storia”, conclude.
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